Greta e Vanessa lasciano senza parole l’opinione pubblica, confermando di voler tornare in Siria.
Non si sentono in colpa, l’unico loro sbaglio è quello di aver fatto spaventare le proprie famiglie.
E anche se lo Stato ha salvato le loro vite, le due ragazze continuano a pensare alla loro avventura e stare in Italia non fa per loro.

Vanessa parla a Repubblica e racconta:

“In questi due mesi è come se mi fossi riparata dentro un guscio: da una parte è stato istinto di autoprotezione. Dall’altra anche un po’ di vergogna”, ma “non come la intendono tutti quelli che ci hanno buttato addosso palate di fango”. La vergogna che intendo è un’altra. È andare in giro e vedere che uno ti guarda in faccia con l’aria di chi pensa: ‘Eccola, adesso è qua. Beata e tranquilla. Ma se non c’era lo Stato che pagava… Se non c’eravamo noi cittadini che pagavamo…’. È una sensazione difficile da spiegare”. Se per vergogna si intende imbarazzo per quello che abbiamo fatto, io non mi vergogno di niente. Anzi, ne vado fiera”.

Vanessa e Greta sono andate in Siria come volontarie con il progetto “Assistenza sanitaria in Siria”.

“Non si va con l’Onu a portare aiuti, non funziona così.”

“Non era il primo viaggio in Siria e non sarà l’ultimo”

“Non abbiamo mai subito abusi né violenze. Né ricevuto direttamente minacce di morte. Siamo state fortunate. Credo ci sia molta differenza tra come vengono trattati gli uomini e le donne”.

“Abbiamo sentito e letto veleni di ogni tipo. Affermazioni fantasiose e offensive. Che avevamo storie coi guerriglieri. Che eravamo in Siria per aiutarli.Ci mancava solo dicessero che combattevamo anche noi. Evidentemente c’è qualcuno al quale il volontariato dà fastidio. Se lo fanno due ragazze giovani, ancora peggio. In quelle terre c’è di tutto: banditi, ricattatori, gente senza scrupoli. Ci hanno rapite come purtroppo hanno fatto con altre persone ma non ci arrendiamo”.

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