Laura, questo è lo pseudonimo della donna vittima di violenza sessuale, si è recentemente trovata ad affrontare un processo presso la corte di Torino dopo aver denunciato il suo molestatore, ma la sentenza non è stata quella da lei sperata.

Secondo quanto riporta Il Corriere della Sera, il tragico accaduto risale al 2011. La donna lavorava presso la Croce Rossa di Torino e il suo molestatore sessuale era proprio un collega. Gli abusi si sono rivelati poi più di uno e sono avvenuti in vari ospedali della città.

La povera donna non è nuova a questo tipo di esperienze, dall’età di cinque anni fino all’età di dodici anni ha dovuto subire degli abusi sessuali da parte del padre. Il pm Marco Sanini ha riportato alla luce questi fatti davanti al giudice parlando proprio di traumi derivati da abusi infantili e da violenza intrafamiliare.

La donna spiega l’accaduto tra lacrime e singhiozzi, il suo collega (abbastanza più grande di lei) le ricordava la figura fredda e cruda del padre. Davanti a questi uomini più forti “lei si blocca”, spiega alla corte. Non riesce a descrivere minuziosamente i dettagli, rimane un po’ nel vago, i fatti risalgono a 6 anni fa.

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Ed ecco che arriva la risposta scioccante dei giudici, incomprensibile agli occhi del popolo italiano.

“Rimane sul vago. Non urla. Non riferisce di sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo.”

Già da questa risposta si capisce come andrà a finire la sentenza. Nonostante ciò, la difesa continua a spiegare le ragioni del comportamento di Laura… e lo fa anche lei. Probabilmente l’emozione era troppo forte e la lucidità era andata via via svanendo per poter descrivere tutto nel minimo dettaglio.

La donna viene abusata, non piange e non urla, dice un “basta” e continua il turno. Laura spiega di aver provato disgusto nei confronti del suo molestatore. E poi un altro dubbio da parte dei giudici: “Perché non ha detto niente a nessuno? Se stava così male ed è davvero stata vittima di violenza sessuale, perché non si è rivolta a qualcuno?” Secondo Sanini, nonostante la donna non si sia rivolta a nessuno e abbia tenuto la dolorosa vicenda per sé, questo non significa che non stia stata male e che sia nel torto.

Dubbi su dubbi, la corte sembra sempre più convinta ad assolvere il molestatore che si dice rovinato dal punto di vista sia lavorativo che familiare. Detto ciò, l’uomo si dichiara vittima e non carnefice.

Il molestatore ha poi dichiarato che la donna, per evitare turni scomodi a lavoro e per evitare di lavorare in posti come i Centri di identificazione ed espulsione, non era affatto contraria al farsi palpeggiare e acconsentiva a particolari effusioni. Le parole dell’uomo contribuiscono a sfavorire la posizione di Laura.

Dopo una dura lotta tra accusa e difesa, i giudici decidono:

“Non ha gridato, non ha chiesto aiuto e non ha tradito quell’emotività che pur doveva suscitare in lei la violazione della sua persona. Il fatto non sussiste.”

L’uomo è stato dunque assolto dall’accusa di violenza sessuale e la donna dovrà rispondere all’accusa di calunnia nei suoi confronti.

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