Un altro mondo è possibile“, ha twittato la deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez il mese scorso, quando la Commissione statale delle Hawaii sullo status delle donne ha dato la notizia secondo cui non ci sono più ragazze incarcerate nello Stato hawaiiano.

In altri Paesi del Pacifico, come l’Australia, i numeri sono piuttosto alti, come riporta l’Australian Institute of Health and Welfare: nel 2021 la media era di 819 giovani australiani incarcerati in una notte, di età compresa tra i 10 e i 17 anni, il 50% era indigeno e il 9% era costituito da ragazze.

È davvero incoraggiante e sorprendente sapere che, d’altro canto, un arcipelago di isole che conta appena 1,4 milioni di abitanti abbia raggiunto un risultato come arrivare a zero ragazze in carcere: “Credo che siamo l’unico Stato del Paese ad aver raggiunto questo risultato straordinario“, ha dichiarato la criminologa e professoressa dell’Università delle Hawaii, Meda Chesney-Lind, alla trasmissione Late Night Live della ABC RN, poco dopo la notizia diramata dalla Commissione statale delle Hawaii.

Secondo il censimento del 2020, oltre il 21% della popolazione delle Hawaii è composto da minori di 18 anni. Circa 12 anni fa, lo Stato delle Hawaii ha raggiunto l’apice dell’incarcerazione per le ragazze, con circa 30-40 ragazze detenute in strutture per minori. Tuttavia, le strutture per minori non erano un posto sicuro.

Abbiamo avuto uno scandalo dopo l’altro, soprattutto per quanto riguarda le ragazze, [come] le violenze sessuali sulle ragazze“, ha detto Chesney-Lind.

E per alcune ragazze, tornare a casa non è un’opzione sicura. “Dobbiamo avere un altro posto per loro. Ma non è necessario che sia un ambiente chiuso“, ha affermato Chesney-Lind, aggiungendo che storicamente la maggior parte delle ragazze detenute alle Hawaii sono state incarcerate “essenzialmente per essere scappate di casa“, spesso per fuggire da situazioni difficili e abusi. Scappare di casa, se minorenni, alle Hawaii come in altri Stati USA, è considerato reato.

Chesney-Lind ha spiegato che le modifiche legislative promosse dal giudice R. Mark Browninghanno davvero reinventato la giustizia minorile” nelle Hawaii, rendendo più difficile l’incarcerazione dei giovani per reati minori.

Inoltre, la professoressa ha lodato gli sforzi di Mark Kawika Patterson, amministratore dell’Hawaii Youth Correctional Facility, che come nativo si impegna per aiutare i giovani della sua comunità con metodi educativi anziché punitivi: Patterson, infatti, si è adoperato per dirottare i giovani verso alternative basate sulla comunità invece che sulla detenzione.

Per esempio, Patterson ha convertito edifici per il carcere minorile in spazi accoglienti per i giovani a rischio, come i ragazzi senzatetto, e istituito programmi di formazione professionale residenziale e una scuola superiore. Ha inoltre incoraggiato programmi e strutture per i bambini che non possono stare con le loro famiglie, per il rischio di abusi fisici o sessuali.

Patterson ha inoltre aperto un centro di valutazione per le vittime della tratta sessuale, e per ragazze che sarebbero state solitamente incarcerate per reati di stato, come assenteismo o uso di alcol, a causa della loro età.

Il centro di valutazione ha offerto loro una sistemazione, ma senza sbarre: “Le ragazze potevano andarsene se volevano“, ha dichiarato Patterson alla stampa. “Molte persone dicevano: ‘Beh, scapperanno’… Nelle prime 24-48 ore, il 90% delle ragazze si è allontanato… Ma queste uscite erano uscite pianificate: c’erano piani di sicurezza in atto e alle ragazze venivano dati soldi e contatti di servizio“.

Entro le due settimane successive, l’80% delle ragazze che se ne erano andate hanno fatto ritorno.  “Volevano restare, volevano tornare… [e] avrebbero continuato a tornare ogni volta che avevano bisogno di aiuto“, ha detto Patterson.

Patterson ha dichiarato che i suoi programmi “continueranno a evolversi” per ridurre il numero di giovani incarcerati alle Hawaii, e c’è già stata una riduzione dell’82% del numero di ragazzi incarcerati rispetto a 12 anni fa.

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