"Il patriarcato è finito nel 1975": il discorso di Valditara e la risposta di Gino Cecchettin

Con un videomessaggio trasmesso alla Camera, in occasione della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin, il ministro Valditara ha espresso alcuni concetti fortemente criticati.

Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, è intervenuto con un videomessaggio durante la presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin alla Camera dei Deputati, per parlare di femminicidio, violenza di genere e  responsabilità sociali.

Le sue parole hanno scatenato però un acceso dibattito, specialmente per alcune affermazioni che vogliono collegare l’immigrazione illegale all’aumento dei casi di violenza sessuale.

Il ministro ha sottolineato infatti che “Occorre non far finta di vedere” come l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale possa essere legato a forme di “marginalità e devianza”, che deriverebbero, secondo lui, dall’immigrazione irregolare.

Questo collegamento ha sollevato critiche, non solo da parte di esperti del settore, ma anche da Gino Cecchettin, la cui risposta è stata misurata ma chiara: “Diciamo che ci sono dei valori condivisi e altri sui quali dovremo confrontarci”.

Il dibattito sull’immigrazione e la sicurezza è da tempo al centro dell’agenda politica italiana, ma la connessione diretta tra queste due tematiche viene spesso contestata per la mancanza di dati solidi che ne dimostrino un rapporto di causa-effetto.

Non solo perché tale affermazione è stata fatta alla presentazione di una fondazione che porta il nome di una donna uccisa dall’ex, italianissimo, ma anche perché non c’è nei dati dei femminicidi un’evidenza che dimostri tale collegamento.

Dei 32 femminicidi avvenuti in Italia quest’anno, per esempio, riportati da femminicidioitalia.info, 25 sono stati compiuti da uomini italiani.

“Nel nostro Paese ci sono ancora residui di maschilismo, di machismo, che vanno combattuti e che portano a considerare la donna come un oggetto” – ha dichiarato inoltre il ministro – “il maschilismo si manifesta in tanti modi, con la discriminazione sul posto di lavoro, con il cosiddetto catcalling, con la violenza. Poi c’è il tema del femminicidio, che allarma sempre di più: se una volta era frutto di una concezione proprietaria della donna, della famiglia, della moglie, oggi sembra più il frutto di una grave immaturità narcisistica del maschio che non sa sopportare i no”. È dunque “una battaglia culturale e parte innanzitutto dalla scuola, coinvolgendo le famiglie e coltivando relazioni improntate al rispetto verso il ruolo e il lavoro della donna, perché la nostra Costituzione non ammettere discriminazioni fondate sul sesso”.

Parlando di scuola, però, da parte del governo è nota la forte reticenza a introdurre l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, rendendo palese la contraddizione per cui si pensa che spetti al “dovere civico” e non all’educazione affettiva, sanare gli uomini incapaci di sopportare i no.

Nel suo intervento, il ministro ha evidenziato anche il ruolo dei media e dei social nella perpetuazione di stereotipi di genere, sottolineando la necessità di promuovere relazioni paritarie basate sul rispetto. Tuttavia, ha anche colto l’occasione per polemizzare con il femminismo, dichiarando che il patriarcato, inteso come fenomeno giuridico, è scomparso con la riforma del diritto di famiglia del 1975.

Per il ministro, parrebbe quindi, che “l’immaturità narcisistica del maschio che non sa sopportare i no” sarebbe più causata da media e social, piuttosto che da una millenaria influenza patriarcale, che ha smesso di esistere formalmente nel sistema giuridico solo nel 1975.

Forse, tra le tante evidenze che si possono portare in critica a Valditara, c’è il fatto che il delitto d’onore e il matrimonio riparatore sono stati abrogati ben 6 anni dopo la presunta data di morte del patriarcato, che per essere un cadavere, se la cava piuttosto bene.

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