A volte decidere di non avere figli può essere una scelta consapevole ed è questo che può spingere una donna a sottoporsi a un intervento di chiusura tube. L’operazione viene in genere eseguita in laparoscopia, procedura mini invasiva che consente anche una ripresa più rapida e porta alla chiusura delle tube di Falloppio tramite piccoli anelli di plastica o clip metalliche. Si arriva così a impedire che lo sperma possa raggiungere l’ovulo, o all’ovulo fertilizzato (zigota) di passare dall’ovaio all’utero per impiantarsi.

Questa è una formula di sterilizzazione permanente, proprio per questo non diventa più necessario utilizzare metodi contraccettivi. Il ciclo mestruale non viene però inibito, visto che non vengono toccati né utero né ovaie, né si verificano alterazioni ormonali di alcun tipo.

Nel caso di una donna che aveva fatto questa scelta, però, non tutto è andato per il verso giusto. Subito dopo il suo terzo parto, nel 2011, infatti, lei aveva deciso di sottoporsi alla contraccezione chirurgica, convinta di non voler avere un’altra gravidanza. Tre anni dopo, nel 2014, però, ha dato alla luce la sua quarta figlia, a conferma di come evidentemente i medici avessero commesso un errore.

La famiglia ha deciso di citare in giudizio l’Asl Toscana Sud Est, nella convinzione che l’intervento di chiusura tube non fosse stato eseguito in modo corretto. E alla fine ha vinto la causa presso il Tribunale di Arezzo, condannato a risarcire la coppia: sulla base di quanto stabilito dal giudice, ora i due avranno diritto al mantenimento della figlia fino a quando lei compirà il suo 25esimo anno di vita. Il risarcimento a cui avranno diritto sarà pari a 450 euro al mese, per 135 mila euro complessivi.

Il Tribunale ha inoltre sottolineato come fosse impossibile per lei evitare di portare a termine la gravidanza. “Alla paziente rimasta incinta nonostante l’intervento di sterilizzazione tubarica, non può essere richiesto di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza per evitare il danno conseguente agli oneri del mantenimento del figlio, perché la scelta di interrompere la gravidanza è una scelta personalissima della gestante, che involve considerazioni di carattere morale e religioso, non scevra da un notevolissimo carico di sofferenza psicologica” – si legge nella sentenza.

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