"1 donna su 2": la condizione economica delle donne durante il Covid

A pagare il prezzo più alto della pandemia le donne: non solo più esposte alla violenza domestica, ma anche in bilico sotto il profilo lavorativo. 1 su 2 dichiara di aver visto ridurre le proprie entrate economiche e teme di perdere il lavoro.

Lo abbiamo detto spesso, e non per puro partito preso (quello femminista, ammesso e non concesso che ne possa mai esistere uno): a pagare il prezzo più alto della pandemia sono le donne.

Le vittime di violenza domestica sono ancora più a rischio, ma anche sotto il profilo occupazionale le cose, per il ramo femminile, sono precipitate con il lockdown e l’emergenza sanitaria. È quanto emerge dall’indagine commissionata a Ipsos da WeWorld, organizzazione italiana che da 50 anni si occupa di diritti delle donne e dei bambini in 27 Paesi, Italia compresa.

La condizione economica femminile in epoca di Covid-19“, questo il titolo del report, ha fornito un quadro davvero desolante della situazione lavorativa ed economica delle donne, gravate inevitabilmente dalla pandemia. È lo stesso WeWorld a pubblicare i risultati sul proprio sito web, ma anche sulle pagine social.

Una donna su due ha visto peggiorare la propria condizione economica nell’ultimo anno, soprattutto le madri disoccupate. Anche il 50% delle donne tuttora occupate teme di perdere il lavoro, mentre il 28% delle donne non occupate ha anche rinunciato a cercare un lavoro.

Già in occasione del primo lockdown, nel marzo del 2020, WeWorld, attraverso un sondaggio, aveva rilevato come il 60% delle donne si trovasse a occuparsi da sola della cura di figli, anziani e disabili (contro il 21% degli uomini), spesso assieme al lavoro. Il carico familiare è talmente pesante che una donna su due nel nostro Paese è stata costretta, in concomitanza con la pandemia, ad abbandonare progetti e piani, contro due uomini su cinque.

Con il passare dei mesi e il protrarsi delle misure di contenimento, queste criticità si sono inasprite – si legge nel documento di WeWorld – al punto che le nuove povertà si identificano oggi nella figura della madre single con figli a carico (Caritas, 2020).

Parte della responsabilità, sottolinea WeWorld, è da riscontrarsi nel sistema socioculturale italiano:

Complici gli stereotipi di genere e i retaggi di un sistema patriarcale, che continuano a enfatizzare il ruolo della donna come caregiver e dell’uomo come breadwinner della famiglia (ILO, 2020), il mercato del lavoro italiano non è esente dal fenomeno della femminilizzazione, ovvero l’esistenza di settori in cui la forza lavoro è a prevalenza femminile. Le donne lavorano soprattutto nei settori del sociale, turismo, ristorazione, servizi alla persona, ma anche nella formazione e istruzione non universitaria, PA e nei servizi socio-sanitari. Al contrario, l’occupazione femminile nei settori tecnici e scientifici rimane bassa.

I danni compiuti dal Covid non hanno quindi fatto altro che andare a sommarsi a una situazione già di per sé critica, perché minata da una sovrastruttura patriarcale e maschiocentrica; la situazione si capisce meglio se si pensa che, già prima della pandemia, la differenza nel tasso di occupazione tra uomini e donne era di quasi 20 punti percentuali, con un divario di genere di circa 18 punti su una media europea di 10.

I figli sembrano ancora un ostacolo alla piena occupazione delle donne, con l’11% delle madri che non ha mai lavorato. Alla nascita dei figli, la quota di donne che hanno abbandonato il lavoro è pari all’11% nel caso ne abbiano avuto uno solo, al 17% con due figli e al 19% con tre o più. Sono il 38,3% le donne occupate che, dopo la nascita dei figli, hanno apportato almeno una modifica all’orario di lavoro, contro l’11,9% dei padri occupati.

I dati più recenti indicano che 5 donne su 10 hanno visto diminuire le proprie entrate economiche, e la stessa cifra si ritiene più instabile economicamente; più di 4 donne su 10 dipendono di più dalla famiglia o dal partner sotto il profilo economico rispetto al passato.

Ancora, 5 donne su 10 rilevano che le risorse degli ultimi 12 mesi per la propria famiglia siano state scarse o insufficienti. 4 su 10 denunciano difficoltà economiche della famiglia a far fronte a una spesa imprevista, come una spesa importante, il pagamento delle bollette o una visita dentistica.

In questa situazione, le principali vittime economiche della pandemia sono proprio le donne con figli e senza lavoro, che va a ripercuotersi inevitabilmente anche sulla salute mentale, soprattutto delle più giovani. Dobbiamo parlare, senza remore, di ShePoverty, ovvero di povertà femminile.

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