Sono cinque gli uomini condannati in Spagna per “abusi sessuali” dopo aver violentato una 18enne il 7 luglio 2016 nel corso del Festival di San Firmino a Pamplona. I giudici, però, non hanno contestato loro lo “stupro”. Una decisione che non è passata inosservata e che ha scatenato le proteste di decine di persone che si sono riversate davanti al tribunale di Navarra gridando “è stupro, non abuso”, come conferma l’agenzia di stampa Ansa.it.

Una storia agghiacciante che vede protagonisti alcuni giovani, originari di Siviglia, di età compresa tra i 27 e i 29 anni, che avrebbero stuprato una giovane ragazza vantandosene poi su un gruppo WhatsApp. I cinque sono stati riconosciuti colpevoli di “abuso sessuale” aggravato dall’abuso di debolezza e così condannati a 9 anni di prigione, nonostante l’accusa ne avesse chiesti 20.

Quello che si contesta è la decisione dei giudici di non confermare l’accusa di stupro: uno di loro era membro della Guardia Civile, un altro dell’esercito e diversi di loro erano ultrà della squadra di calcio del Siviglia. Per i cinque condannati è stato stabilito che non potranno più avvicinarsi, a meno di 500 metri, dalla vittima e, dunque, che non potranno più contattarla per 15 anni. Insieme dovranno versarle anche un indennizzo di 50mila euro. 

Una violenza che era stata compiuta all’ingresso di un condomino e che era stata persino filmata con gli smartphone vantandosene poi su WhatsApp con gli amici. Si facevano chiamare “il branco di lupi”. Gli avvocati che difendono gli aggressori, tra l’altro, sostengono che la vittima fosse consenziente e che avesse bevuto della sangria prima della violenza. Secondo un investigatore privato, la ragazza non avrebbe subito alcun trauma e poco dopo la violenza sarebbe stata vista “ridere con alcuni amici”. Dichiarazioni che hanno fatto discutere e che hanno spinto migliaia di persone a scendere in piazza con lo slogan “Sì, io ti credo”, ormai diventato virale sui social network.

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