Mentre in Italia discutiamo ancora di parità di genere, di diritti per le donne che lavorano e hanno figli, e di congedi di paternità da prolungare, dalla Corea del Sud arriva un vademecum davvero poco edificante per la lotta al patriarcato.

Si tratta di una sorta di linee guida che il governo di Seoul ha pubblicato per le donne incinte, riportate dal New York Times; fra esse, compaiono “suggerimenti” come

Prima di partorire, controlla che la tua famiglia abbia carta igienica sufficiente.

Prepara pasti pronti per tuo marito, che sicuramente non è bravo a cucinare.

Lega i capelli, per non sembrare spettinata.

Le linee guida sulla gravidanza sono state pubblicate per la prima volta su un sito del governo nel 2019, ma sono salite alla ribalta solo da qualche giorno, quando sui social media si è scatenata una vibrata protesta per sottolineare l’arretratezza mentale e il maschilismo, nemmeno troppo latente, di certe affermazioni.

Yong Hye-in, attivista e politica, ha dichiarato che, secondo queste linee guida, i compiti di una donna incinta si raddoppierebbero, visto che dovrebbe occuparsi anche del marito; e anche il dottor Kim Jae-yean, presidente dell’Associazione coreana di ostetricia e ginecologia, ha parlato di “opportunità sprecata”, da parte del governo, per fornire preziosi consigli sulla maternità, facendo invece, letteralmente, un salto nel passato.

È stata avviata anche una petizione online, che ha già raccolto oltre 23 mila firme, per chiedere formali scuse da parte delle autorità responsabili della redazione di tale documento. Per ora una risposta, in tal senso, è arrivata solo in una e-mail inviata al New York Times, in cui alcuni responsabili della sanità pubblica coreana hanno affermato di sentirsi “colpevoli di non aver monitorato e rivisto certi contenuti in modo accurato e completo”, aggiungendo che sarebbe stata loro premura correggere il tiro e lavorare sulla sensibilità sulla parità di genere, se non altro dei propri dipendenti.

In effetti, le parti più offensive risultano rimosse dalle linee guida, ma sembra che la frittata, per il governo di Seoul, sia ormai già stata fatta: fra screenshot e copia e incolla alcuni dei “consigli” continuano a circolare sui social.

In base alle raccomandazioni, alle donne viene consigliato di controllare le cose essenziali per far sì che i loro familiari (in particolare il marito) “non si sentano a disagio”, e ciò comprende, ad esempio, tenere pulito il frigo, preparare sempre i pasti e avere qualcuno che possa occuparsi degli altri figli.  Nessuna responsabilità per i padri, nessuna richiesta di dare una mano alla compagna o di sostenerla, solo consigli, alle donne, su come rimanere attraenti per loro.

E se il sessismo non è sufficiente, a peggiorare ulteriormente le cose anche una buona dose di body shaming:

Appendi i vestiti che indossavi prima del matrimonio o i vestiti di taglia piccola che vorresti indossare dopo il parto mettendone uno in un posto facilmente visibile – si legge nel testo originale – quando hai voglia di mangiare più del necessario, o di non fare esercizio, motivati guardando i vestiti.

A dispetto di tutte le (giuste) battaglie che cercano di aiutare le neomamme con la loro autostima, facendo capire loro che ognuna ha i suoi tempi e i suoi modi per smaltire i chili accumulati in gravidanza, che perdere peso non è una necessità improrogabile (fatte salve, ovviamente, le questioni di salute) e che ogni donna è diversa dall’altra.

Se queste affermazioni suonano incredibili (e lo sono), c’è da dire, non a discolpa di chi le ha pubblicate, ma solo per onore di cronaca, che il tutto va contestualizzato nel giusto ambito, che è quello di un Paese in cui il gender pay gap è il più alto tra i 37 membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (lo afferma un report della stessa organizzazione risalente al 2017), le donne che lavorano guadagnano quasi il 40% in meno degli uomini e molte smettono di lavorare non appena diventano madri, sia per volontà delle famiglie che per le pressioni dei datori di lavoro.

Sembra che l’intenzione del governo fosse quello di tornare a far crescere la linea della natalità in Corea, scesa per la prima volta nel 2020, anno in cui si è registrata una diminuzione delle nascite del 10,5% e un aumento delle morti stimato al 3%. Ma probabilmente non ha scelto la strada migliore, vista la grandissima eco (negativa) che il documento, non sorprendentemente, ha prodotto sulla pubblica opinione.

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