È estate, proprio per questo in tanti si trovano in una località di villeggiatura per trascorrere un periodo di vacanza e stanno verificando in prima persona quanto i costi siano lievitati rispetto al passato. A volte, però ci sono comportamenti che non possono essere accolti in maniera positiva e che si ritiene di poter denunciare sperando di poter essere di aiuto ed evitare che altri vivano la stessa situazione. È quanto accaduto ad alcuni turisti, che si sono ritrovati a pagare 2 euro in più per avere chiesto un piattino vuoto per un bambino. Il loro obiettivo era quello di permettere al bimbo di assaggiare le trofie ordinate, cosa che non aveva mai fatto prima.

Ad agire in questo modo è stata Ida Germano, 76enne proprietaria dell’Osteria del Cavolo di Finale Ligure, in Liguria, ora alle prese con una spiacevole conseguenza: non appena si è saputo del suo modo di agire stanno crescendo le recensioni negative sul suo ristorante, cosa che non può certamente invogliare nuovi clienti a mangiare nel suo locale. “Che vergogna“, “Se mi porto i piatti da casa mi fate lo sconto?“, questi sono solo alcuni dei commenti che è possibile trovare nella pagina di Google Maps della struttura, finita inevitabilmente nell’occhio del ciclone.

La titolare ha provato però a difendere la sua scelta, consapevole di come quello che sta accadendo possa avere ripercussioni tutt’altro che buone per lei e i suoi dipendenti ed è su questo che ha invitato tutti a riflettere, soprattutto perché Selvaggia Lucarelli ha provveduto a pubblicare lo scontrino “incriminato” rendendo noto a tutti il suo modo di agire: “I dati sensibili non dovevano essere pubblicati – sono le parole di Germano a Morning News, programma in onda ogni mattina su Canale 5 – Lì c’erano il mio nome e cognome, oltre al mio numero di cellulare. Vorrei venisse di persona a mangiare le mie trofie: si è lamentata del prezzo, ma sono realizzate con ingredienti di qualità. Mi spiace per la situazione, ma avrei sofferto di più se avessero criticato il cibo”. Il gestore ci ha tenuto inoltre a sottolineare che chiedere servizi aggiuntivi non previsti comporta un maggiore lavoro e un maggiore impiego di risorse, che devono quindi essere retribuiti.

La donna ritiene di non avere sbagliato nel sovrapprezzo previsto per il piattino in più portato al tavolo:

“Tre persone in un tavolo da tre hanno mangiato per uno. Un piatto di trofie, e poi uno di acciughe. Di piattini ne abbiamo portati quattro. E sul menù c’è scritto esplicitamente che il piattino in più in condivisione costa due euro. Se fossi stata fiscale avrei dovuto chiederne otto. Volevo dare un segnale: perché bisogna essere rispettosi, da ambo le parti. Il nostro è un servizio curato. E ha un costo”.

Ho 76 anni e lavoro con passione, è giusto che io venga pagata per quello che faccio – ha sottolineato poi – Le parole delle sui social e le recensioni negative non mi preoccupano, sono fiera del mio lavoro. Nel corso del tempo ho avuto tante soddisfazioni. Ho ricevuto tantissime recensioni di solidarietà da tantissimi amici e colleghi, anche chiamate dalla Germania e dalla Svizzera, diversi legali si sono proposti di tutelarmi”.

È legale far pagare un piatto in più?

Questo non può che spingere a chiederci se davvero la mossa di Germano possa essere consentita dalla legge o possa essere considerata un “azzardo”. La Direttiva 98/6/UE, recepita dal Codice del Consumo, D.Lgs. 206/2005, art. 14-17, parla chiaro: tutti i negozi sono obbligati a esporre i prezzi dei prodotti in vetrina, mentre i ristoranti devono mostrare il menù con i prezzi sia all’esterno del locale che ovviamente all’interno. Sul menu non deve mancare nemmeno un’indicazione con il costo previsto per il coperto e il pane, oltre all’avvertenza ad hoc relativa agli allergeni e all’uso di eventuali prodotti congelati.

Non c’è invece alcun obbligo relativo all’eventuale sovrapprezzo previsto per il piattino vuoto, ma sarebbe comunque bene che i ristoratori informino gli esercenti se questo è previsto. È bene che tutto avvenga con il massimo della trasparenza, in modo tale da evitare “l’effetto sorpresa” non appena il cliente si ritroverà lo scontrino tra le mani. In questo caso, quindi, essendoci scritto sul menù il sovrapprezzo del piattino in più in condivisione, è tutto perfettamente legale.

Ma ci sono dei casi in cui è possibile rifiutarsi di pagare il conto senza il rischio di avere commesso un’irregolarità? La tentazione potrebbe essere venuta a molti, magari quando si era insoddisfatti per il servizio o per le portate che ci sono state servite, ma poi si è deciso di evitare convinti di andare incontro a un illecito. Lo Studio Legale Castagna ha spiegato bene come sia possibile agire senza incorrere in conseguenze legali: “Nel momento in cui si decide di andare al ristorante viene sottoscritto un contratto tra ristoratore e cliente – questo è quanto riportato da Il MattinoQuando si ordina si accetta la proposta di contratto e l’accordo si conclude. Come accade per ogni contratto, se una delle due parti non rispetta gli obblighi derivanti dall’accordo, parte non inadempiente ha il diritto di non onorare il suo impegno, quindi in questo caso di non pagare il conto”.

L’inadempimento può quindi riguardare i costi che il cliente deve sostenere: “Se il cliente mangia senza che gli sia data la possibilità di conoscere il costo di ogni singolo piatto, può rifiutarsi di pagare”. Ci sono casi, è bene precisarlo, in cui il cammeriere si presenta al tavolo e indica a voce il menu previsto per quel giorno, è diritto del consumatore chiedere quanto andrà a pagare per ogni singola portata, in modo tale da avere le idee chiare sulle indicazioni che poi ritroverà sullo scontrino. Un ristorante può inoltre risultare inadempiente se i piatti serviti e i prezzi sono differenti da quanto si legge nel menù. È il caso, ad esempio di un ordine che può riguardare un tipo di pesce, che è poi differente da quello che si ritroverà nel piatto.

Ci si può inoltre rifiutare di pagare se il servizio non è di qualità e se il personale non si comporta in modo corretto. Non si tratta, però, di un gusto personale, ma di errori ripetuti nei piatti portati al tavolo o di ingredienti che possono avere qualità inferiore rispetto a quanto era previsto dal menù. Un pasto ritenuto insoddisfacenti o porzioni ridotte non pososno essere ritenute motivo per evitare di saldare l’importo richiesto, al assimo si potrà valutare se legalmente sia possibile fare valere i propri diritti o meno.

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