Marsha P. Johnson ha finalmente la sua statua a New York

A New York finalmente la prima statua per una persona LGBTQ+: un gruppo di attivisti ha celebrato il 76esimo compleanno di Marsha P. Johnson, icona dei moti di Stonewall, installando un suo busto di bronzo in un parco della città.

Dal 2019 il sindaco di New York Bill de Blasio ha promesso una statua per Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson, le due donne transgender simbolo della rivolta di Stonewall del 1969 e dell’intera comunità LGBTQ+. Peccato che quei monumenti, a distanza di due anni, non siano ancora mai stati realizzati, benché di opere alla loro memoria, in giro per gli States, ce ne siano diverse.

Finalmente, però, anche la Grande Mela ha il suo omaggio a Marsha, grazie all’attivista LGBTQ+ Eli Elrick e a un gruppo di collaboratori, che hanno installato un busto in bronzo in suo tributo a Christopher Park, poco dopo quello che sarebbe stato il suo settantaseiesimo compleanno, il 24 agosto.

“La statua non ha ricevuto un permesso – ha precisato Elrick a The Gothamist – La trafila per le autorizzazioni nei parchi di New York è un processo lungo e soggettivo. I comitati hanno storicamente negato il permesso di installare statue di persone nere, donne e persone queer, lasciando la comunità trans senza alcuna rappresentanza”.

A Christopher Park campeggiava già un monumento dedicato alla comunità LGBTQ+, quello alla Liberazione dei Gay realizzato da George Segal, installato nel 1992, lo stesso anno in cui Marsha fu trovata morta nel fiume Hudson, che rappresenta due uomini in piedi e due donne sedute; ma la statua promessa alle due paladine di Stonewall, a causa del Covid, non ha ancora mai visto la luce, e come la loro, secondo She Built NYC, anche molte altre dedicate alle donne, che figurano tuttora in pochissimi monumenti nella città (150 statue di uomini contro appena 6 raffiguranti figure femminili), così Elrick e il suo gruppo di attivisti hanno pensato di sopperire a questa lacuna.

“I membri della comunità hanno preso in mano la questione – ha spiegato – Non abbiamo intenzione di rimuovere la statua e speriamo che la città riconosca che ora è il momento di ricordare i e le leader trans neri/e”.

Sotto il busto campeggia una targa che riporta una citazione di Marsha:

La storia non è qualcosa a cui si guarda indietro dicendo che era inevitabile, succede perché le persone prendono decisioni che a volte sono molto impulsive e del momento, ma quei momenti sono realtà che si accumulano.

Uno degli scultori che hanno realizzato l’opera, Jesse Pallotta, ha commentato:

In un momento in cui stiamo abbattendo le statue, penso che sia altrettanto importante considerare collettivamente ciò che viene allestito negli spazi pubblici, il processo utilizzato per erigere le statue e reimmaginare la funzione dei monumenti.

Il riferimento è anche alla petizione lanciata recentemente per far rimuovere la statua di Cristoforo Colombo, giudicato un colonialista, e piazzare al suo posto proprio quella di Marsha, nella sua città natale, Elizabeth, nel New Jersey, decisione poi accolta dal sindaco della cittadina, che ha fatto erigere il monumento proprio nei pressi del Municipio.

Finora a Marsha erano stati dedicati soprattutto parchi, come a Brooklyn, dove l’East River State Park ha cambiato nome proprio in Marsha P. Johnson State Park, ma New York aveva bisogno di un simbolo più forte per onorare la memoria di una donna transgender che si è battuta, forse morendo (nel 2012 l’attivista  Mariah Lopez riuscì a far riaprire il caso per analizzarlo come possibile omicidio) per difendere i suoi diritti e quelli di molte altre persone, che all’epoca ne erano del tutto prive.

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