A Modena una 19enne di origini indiane ha rifiutato le nozze combinate e ha denunciato la sua famiglia per maltrattamenti e costrizione al matrimonio.

Dopo essersi opposta al matrimonio combinato e aver denunciato i genitori la giovane si è rifugiata da una conoscente, che l’ha accolta in casa sua.

A raccontare la storia della 19enne è stata la sua avvocata, Barbara Iannuccelli, che è anche una dei legali del fidanzato di Saman Abbas. “È un’altra Saman, ma stavolta deve andare diversamente. Salviamo questa ragazza”, ha detto Iannuccelli, come riporta Il Resto del Carlino. “È un caso uguale in tutto e per tutto, una ragazza che sogna l’amore vero, la famiglia che la rinchiude in casa e la obbliga a un matrimonio forzato; percosse quotidiane e la mancanza di alternative. Facciamo in modo che la storia abbia un altro epilogo”.

Parlando con Ansa, l’avvocata ha fatto un parallelo con la tragica storia di Saman Abbas, morta a Novellara di Reggio Emilia nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021 che, secondo l’ipotesi di accusa (il processo è ancora in corso), sarebbe stata uccisa da cinque parenti dopo essersi opposta alle nozze combinate con un cugino in patria. “Un’altra Saman… Ma la burocrazia non riesce a farsene carico”, si è sfogata l’avvocata.

Iannuccelli ha spiegato alla stampa che la ragazza è riuscita a mettersi in contatto con lei tramite i social, perché i genitori le avevano sequestrato il cellulare. “Padre, madre, zio e nonna la picchiano, la tengono segregata e le hanno preso i documenti perché rifiuta un matrimonio forzato, si è innamorata di un altro ragazzo”, ha dichiarato l’avvocata, che ha accompagnato la giovane, ora sua assistita, a sporgere denuncia in un commissariato di Bologna.

Iannuccelli ha aggiunto che “non c’era nessuna possibilità di collocamento in protezione, se non metterla da sola in un bed and breakfast”, così la ragazza, dopo 5 ore in commissariato, è andata a dormire da una conoscente, l’unica disposta ad aiutarla.

Una privata cittadina che si prende cura di lei, mettendo a repentaglio la sua incolumità perché la famiglia la sta cercando. Io mi sarei aspettata che lo Stato rispondesse: è un codice rosso, sono reati gravissimi”, ha sottolineato Innuccelli. “Gli strumenti ci sono, ma non vengono applicati”.

La preside della 19enne e molti altri, proprio all’interno della scuola, si sono subito dimostrati attenti alla situazione della ragazza, dandole il coraggio di denunciare la sua famiglia e offrendole il loro appoggio.

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