Tredici donne brutalmente assassinate nel corso di 18 anni, dal 1971 al 1989. Quasi tutte accomunate dal fatto che erano dedite alla prostituzione, donne della notte che hanno lasciato un grande vuoto solamente nel cuore dei pochi che le hanno amate. È questo il drammatico bilancio della “carriera” del mostro di Udine, uno dei serial killer più spietati del nostro Paese.

Al contrario di quanto accaduto per il mostro di Firenze, che ha visto molti indagati e diversi processi, in questo caso non è mai stata fatta chiarezza sull’identità dell’assassino, e ancora oggi per i familiari delle vittime non c’è pace.

In effetti, il mistero del mostro di Udine è uno dei nodi più difficili da sciogliere di tutti i tempi. Persino il numero delle vittime è incerto, perché non è chiaro se tutte le 13 donne trovate uccise in quegli anni siano morte a opera dello stesso serial killer. Solamente in 4 casi, infatti, sono stati rilevati segni che hanno permesso di fare un collegamento: in particolare, la lunga incisione a forma di “S” sul ventre di 4 donne, che è diventata il simbolo distintivo dell’assassino.

Le altre vittime sono state uccise con modus operandi diversi, e a oggi gli inquirenti non hanno certezza nell’attribuirle al mostro di Udine.

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La tragica serie ha inizio nel 1971, quando la giovane Irene Belletti viene barbaramente uccisa con diversi fendenti in tutto il corpo. Nei mesi seguenti si susseguono altre vittime, tutte prostitute o ragazze con problemi di alcol e droga: Elsa Moruzzi, strangolata nel 1972, Eugenia Tilling, uccisa con diverse coltellate alla gola nel 1975, Maria Luisa Bernardo, morta per diverse pugnalate nel 1976, Jaqueline Brechbullher, accoltellata nel 1976.

Poi, qualche anno di silenzio. Ma le indagini non fanno passi avanti, e forse nessuno è davvero interessato a scoprire cosa sia accaduto a quelle povere donne. Nel 1980, il serial killer riprende la sua attività uccidendo una giovanissima prostituta, Maria Carla Bellone. Nel 1983 viene trovata morta Luana Giamporcaro, nel 1985 tocca invece ad Aurelia Januschewitz e, nel 1989, a Marina Lepre (una maestra di scuola elementare, che nulla aveva a che fare con il mondo della prostituzione).

Sono queste le 4 vittime accomunate da un modus operandi che ha fatto supporre la presenza di un unico assassino in quel di Udine.

Nello stesso lasso di tempo, tuttavia, sono stati rinvenuti i cadaveri di altre donne, uccise in maniera diversa: Wilma Ghin, il cui corpo è stato ritrovato ormai carbonizzato, Maria Bucovaz e Stojanka Joksimovic, strangolate, e infine Matilde Zanette e Nicla Perabò, per le quali sono stati arrestati due uomini. Per tanti anni, nessuno è riuscito a fare chiarezza su questa drammatica serie di omicidi.

Solo molto tempo dopo si è arrivati all’unico indiziato, un medico ginecologo che non ha mai operato, affetto da schizofrenia. Le prove sul suo conto non sono mai state schiaccianti, e le indagini si sono concluse quando l’uomo è morto.

Oggi, 30 anni dopo l’ultima presunta vittima del mostro di Udine, Sky ha deciso di dedicare alla vicenda un documentario in quattro puntate di un’ora ciascuna, per riportare alla memoria queste donne dimenticate da tutti. La mini serie tv, la prima di real investigation italiana, andrà in onda su Crime+Investigation a partire dal 22 maggio 2019. Arricchita da numerose interviste inedite e da nuove indagini sui reperti ancora integri, la serie si ripropone di mettersi sulle tracce dell’assassino. Perché alle povere vittime e ai loro famigliari venga fatta finalmente giustizia.

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