Chi è Motaz Azaiza, il giornalista palestinese tra i candidati al Nobel per la pace

Fotografo 24enne, Motaz Azaiza è stato eletto "uomo dell'anno" per le sue testimonianze preziose dall'orrore di Gaza, dove ogni giorno rischia la vita per documentare gli effetti della guerra sui civili palestinesi. Ora è candidato al Nobel per la Pace.

C’è anche il suo nome, fra quello proposto dagli oltre trecento “esperti” che stilano l’elenco dei candidati al Premio Nobel per la Pace. Motaz Azaiza, ventiquattrenne fotografo e reporter, è stato inserito nella lista chiusa ieri, 31 gennaio, dai membri presenti e passati del Comitato per i Nobel, parlamentari e ministri di governi sovrani, giudici della Corte di arbitrato e di quella Internazionale di giustizia dell’Aja. Con lui altri pacifisti attivi a Gaza e in Isarele, in Russia e in Ucraina.

Eletto “uomo dell’anno” da GQ Middle East, Azaiza lavora per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA, The United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), ed è stato scelto dalla sezione mediorientale del giornale per l’impegno che sta portando avanti nel mostrare al mondo l’inferno di Gaza nella guerra tra Israele e il gruppo terroristico di Hamas. Guerra di cui, come sempre accade nei conflitti, a pagare il prezzo più alto sono i civili, spesso i bambini. .

Il fotoreporter palestinese è diventato una figura globale, un veicolo di resilienza e l’incarnazione della speranza per la popolazione di Gaza e per il resto di noi in tutto il mondo – si legge nell’articolo di GQ che motiva la scelta del riconoscimento – Il suo lavoro personifica il potere dell’attivismo digitale e la sua umanità ricorda in modo importante che il coraggio si manifesta in molte forme. A volte lo scegliamo noi, altre volte è lui a scegliere noi, e nel caso di Azaiza la scelta non era nemmeno un’opzione.

Dal 7 ottobre scorso, giorno in cui Hamas ha compiuto l’attentato al festival Supernova, ai giornalisti l’accesso a Gaza è interdetto; il governo israeliano ha chiuso il varco di Erez, l’unico percorribile per entrare nella Striscia. Da allora, a testimoniare quanto accade alla popolazione palestinese sono rimasti solo i giornalisti del luogo, dipendenti AP, BBC, Reuters e Al Jazeera, ma anche collaboratori. Ahmed Hijazi, Mahmoud Zuaiter, sono altri nomi di reporter che ogni giorno rischiano la propria vita per mostrare al mondo ciò che succede quotidianamente nella Striscia; altri l’hanno già persa, morti sotto le bombe. 60, secondo alcune fonti, come riportato anche dallo scrittore e attivista americano Shaun King, che ha parlato di Azaiza come del “suo eroe”: “Odia essere chiamato così, ma di fronte all’assassinio di oltre 60 giornalisti palestinesi, mette la sua vita in pericolo”.

Prima di ottobre il profilo Instagram di Motaz Azaiza contava poche migliaia di followers, schizzati poi a oltre 18 milioni dopo che, attraverso le sue foto, ha cominciato a mostrare l’inferno che tutti i giorni vive la popolazione di Gaza; le immagini che pubblica sono spesso precedute da avvisi su contenuti sensibili, proprio perché immortalano, in maniera molto cruda e senza alcuna censura, le conseguenze dei bombardamenti israeliani sui civili palestinesi.

Lui stesso ha ammesso di essere una vittima del conflitto, avendo perso per i bombardamenti israeliani almeno 15 familiari.

Laureato all’Università Al Azhar, Azaiza ha iniziato a lavorare come fotografo freelance nel 2018, e ad oggi, attraverso il suo lavoro, cerca di porre l’attenzione del mondo intero su quanto sta vivendo la gente di Gaza, non senza risparmiare accuse di virtue signalling all’Occidente che, al di là di dichiarare la propria costernazione e il proprio orrore per quanto sta accadendo, nel concreto farebbe ben poco per aiutare la popolazione.

Il fotografo non manca di esprimere le proprie opinioni in merito attraverso i suoi social, pubblicando spesso storie in cui aggiorna costantemente circa la situazione nella Striscia, ma allo stesso tempo esprime anche la propria rabbia verso l’indifferenza occidentale.

Fonte: instagram @motaz_azaiza

Internet è saltato di nuovo e, che mi crediate o no, ero felice – ha ad esempio scritto in questa storia, alcune settimane fa – Perché dopo quello che abbiamo mostrato al mondo la risposta è stata semplicemente: siamo tanto dispiaciuti, e nessuno ha fatto nulla. Le persone condividono le mie storie e le mie foto e nel post successivo, nelle loro storie si divertono. Quindi, non c’è bisogno di condividere nulla e non vogliamo la vostra pietà!

Più recentemente ha pubblicato una storia, riportata in italiano da Selvaggia Lucarelli, in cui ha fatto chiaramente capire di essere, con i colleghi, in serio pericolo di vita.

Fonte: instagram @selvaggialucarelli

In un’altra ha inoltre aggiunto:

Fonte: instagram @motaz_azaiza

Un sacco di persone mi chiede dove possono inviare le loro donazioni, o se possono inviarle direttamente a me. Chiariamo una cosa: diverse persone, e anche giornalisti, hanno iniziato a condividere la loro storia per raccogliere delle donazioni, e in fondo chi non lo farebbe? Ma io sono in una situazione diversa: in un modo o nell’altro io sto rappresentando la Palestina di fronte al mondo in questo momento, e dovreste sapere che la Palestina non ha bisogno di soldi, ha bisogno di essere liberata. Dovreste sostenere il popolo palestinese e lottare per la loro dignità

Assieme ad Azaiza, a Gaza, come dicevamo, è rimasto un gruppo di giornalisti palestinesi e medici che ogni giorno cercano di salvare quante più vite possibili: fra loro ci sono le giornaliste Plestia Alaqad e Youmna El-Qunsol, il chirurgo Ghassan Abu-Sittah e il dottor Mohammed Al Ghoula.

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