Natasha Steer e la differenza tra essere una "madre singola" e una "mamma single"
Natasha Steer è un'educatrice e scrittrice che si definisce una "madre singola", e spiega perché, da femminista, preferisce questo termine rispetto a "mamma single".
Natasha Steer è un'educatrice e scrittrice che si definisce una "madre singola", e spiega perché, da femminista, preferisce questo termine rispetto a "mamma single".
Natasha Steer, educatrice laureata in letteratura inglese e giustizia sociale, è una madre singola che ha avuto un figlio all’età di 19 anni e cerca di sensibilizzare le donne su un delicato tema: definirsi madre singola, che è ben diverso dall’essere una “mamma single“.
Natasha Steer ha spiegato su Motherly la differenza tra i due termini partendo dalla sua esperienza personale: “Quando sono diventata una mamma adolescente single all’età di 19 anni, ho avuto sentimenti complicati al riguardo“, ha scritto Steer, spiegando che la società le dava l’impressione che prendersi cura di suo figlio da sola “non fosse una buona cosa”. “Sentivo chiaramente che la società mi aveva già considerata una cattiva madre, prima ancora che avessi partorito“, ha aggiunto. Tuttavia, Steer stessa è stata cresciuta solo da sua madre e sapeva in prima persona che è una cosa del tutto normale.
Steer sapeva che il termine “mamma single” non poteva essere adatto a lei, e si è resa conto che deve esserci un termine più adeguato: il termine “mamma single“, infatti, come scrive l’educatrice, è troppo incompleto e vago, e viene usato come abbreviazione per molte realtà diverse. Inoltre, il termine “mamma single” non tiene conto del fatto che molte mamme single non sono affatto single: forse hanno un compagno/a, un fidanzato/a oppure escono con qualcuno.
Storicamente, come scrive Steer, la società patriarcale non ha mai saputo come inquadrare o definire le donne che erano madri ma non mogli. Quindi le madri senza marito sono state definite con un termine che non si concentrava sulla loro maternità, ma sullo stato della loro relazione, come se la cosa più importante di una madre sia sapere se è sposata o no.
Steer cerca di sensibilizzare la società sul fatto che esistono delle alternative, anche nel linguaggio, e che dobbiamo appropriarcene: “Molte madri trovano l’empowerment nel riferirsi a se stesse come madri singole, e capisco perché. Il termine può essere usato per segnalare forza, resilienza e indipendenza, oltre a tante altre cose buone“, ha scritto l’educatrice su Motherly.
Ovviamente, come aggiunge Steer, il termine madre singola porta ancora uno stigma con sé, in quanto essere una mamma che cresce volutamente suo figlio da sola non rientra nella concettualizzazione eteronormativa di famiglia. “Le madri singole sono viste come una minaccia all’ordine patriarcale“, ha scritto Steer.
Il modo in cui pensiamo alle madri single si sta espandendo, così come il nostro linguaggio: “Sebbene il termine madre single sia quello che sentiamo più spesso, non è la nostra unica opzione“, ha concluso Steer, specificando che possiamo riferirci senza paura alle nostre famiglie come famiglie guidate da donne, partendo proprio dal linguaggio a cambiare le cose.
Vegetariana, amante dei libri, dello sport e di qualsiasi cosa sia vecchio di 500 anni o più.
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