La sensazionale scoperta è stata fatta in una grotta nell’entroterra di Albenga, in provincia di Savona. Quella di “Neve” è la più antica sepoltura di un neonato in tutta Europa, risalente a 10.000 anni fa.

A scoprire il sepolcro è stato un gruppo di ricerca internazionale coordinato dagli italiani Stefano Benazzi, dell’Università di Bologna, Fabio Negrino, dell’Università di Genova e Marco Peresani, dell’Università di Ferrara, con il supporto del Sincrotrone Elettra di Trieste. Insieme a loro gli studiosi della University of Colorado Denver (USA), dell’Università di Montreal (Canada), della Washington University, dell’Università di Tubinga (Germania) e dell’Institute of Human Origins dell’Arizona State University (USA). La loro scoperta è stata pubblicata su Scientific Reports.

Neve è stata ritrovata insieme a un corredo di ciondoli e conchiglie: 60 perline in conchiglie forate, quattro ciondoli forati ricavati da frammenti di bivalvi e un artiglio di gufo reale. La scoperta di questo particolare corredo funerario è molto importante perché permetterà agli archeologi e agli antropologi di studiare meglio i riti funerari dei nostri avi.

Le analisi condotte dalla squadra di ricerca hanno inoltre rivelato dei particolari sulla vita di Neve e della sua famiglia. Al momento della morte, Neve aveva tra i 40 e i 50 giorni, la madre si cibava di carne, e probabilmente a causa di stress fisiologici la crescita dei denti del feto si era interrotta uno o due mesi prima del parto.

La piccola è vissuta nel Mesolitico (che include un periodo di 11.000-7.500 anni), un periodo turbolento che ha segnato grandi cambiamenti dovuti all’adattamento di vita delle popolazioni dopo l’ultima era glaciale. Le popolazioni, infatti, sono passate dal ritrovarsi in un contesto paleolitico a uno interglaciale, che ha caratterizzato un aumento del livello del mare e l’espansione delle foreste.

Questa scoperta permette di indagare un eccezionale rito funerario della prima fase del Mesolitico, un’epoca di cui sono note poche sepolture, e testimonia come tutti i membri della comunità, anche neonate, erano riconosciuti come persone a pieno titolo e godevano in apparenza di un trattamento egualitario” ha spiegato Stefano Benazzi alla stampa, professore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e co-coordinatore dello studio.

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