"Non ci porterete via la libertà": la lezione di Ariana Grande e dei ragazzi d'oggi

Il concerto di Ariana Grande pochi giorni dopo l'attentato alla Manchester Arena è una grande lezione per tutti: l'umanità, ancora una volta, non vuole piegarsi al terrore. E i ragazzi dicono: "Non ci porterete via la libertà".

Non è un caso che l’etimologia della parola terrorismo sia da ricercare in terrore; perché proprio di esso, delle paure più umane e intime di tutti noi, si nutrono coloro che, con attentati e bombe, cercano di precipitarci nell’incubo, colpendoci là dove non ce lo aspettiamo, o quando l’ultimo nostro pensiero al mondo è quello di un pazzo accecato dall’odio verso il genere umano (perché di questo solo si tratta, non raccontiamoci storie) che ci colpisce subdolamente, alle spalle, proprio quando non possiamo difenderci perché siamo impreparati all’attacco. Come in una metropolitana, ad esempio, dove saliamo e scendiamo da centinaia di treni tutti i giorni per andare o tornare dal lavoro, oppure in un aeroporto, dove l’umanità si mescola tra chi parte per piacere e chi per dovere… oppure in un concerto, dove migliaia di ragazzini aspettano solo di veder salire sul palco il loro artista preferito, entusiasti finalmente di ritrovarsi in quel momento sognato fin dall’acquisto del biglietto. E del resto, chi potrebbe aver paura, in un momento del genere? Chi potrebbe pensare davvero che un ragazzo di qualche anno più grande decida di porre fine, arbitrariamente, non solo alla sua ma anche a centinaia di altre vite innocenti, entrando allo stadio con uno zainetto esplosivo?

Quanto successo a Manchester il 22 maggio scorso non solo ci ha turbati e sconvolti nel profondo – come del resto ogni altro singolo attentato terroristico cui siamo stati costretti da lontano, impotenti, ad assistere, da Bruxelles a Nizza passando per Parigi e Londra – , ci ha fatto prendere una nuova, impietosa e drammatica consapevolezza: che tutti, nessuno escluso, possiamo essere potenziali vittime del terrore e di chi in esso prolifera e vive, persino i nostri figli. Persino adolescenti, giovanissimi, bambini, nessuno viene salvato dalla furia omicida, non esiste pietà così come, in fondo, non esiste una spiegazione a tutto questo. Poco importa che c’è chi cerchi continuamente di affibbiargli un nome, “terrorismo islamico”, “guerra religiosa”, “complotto internazionale”, non c’è e non potrà mai esserci niente di comprensibile in un uomo che toglie la vita a un altro uomo. In un giovane che, sacrificando la propria esistenza, trascina con sé nella morte altri giovani come lui, tutti incolpevoli, tutti vittime di una pazzia che ci vorrebbe tanto soffocati dalla paura.

Ma allora dobbiamo davvero imparare fin dal piccoli a vivere nel timore, a rifiutarci di condurre delle esistenze normali perché assuefatti alla sensazione di paura, perché consapevoli che, se osiamo mettere il naso fuori di casa, potremmo ritrovarci coinvolti in qualche esplosione o sommersi da una raffica di proiettili?

Il concerto che Ariana Grande ha tenuto il 3 giugno scorso all’Old Trafford Cricket Ground, a una manciata di chilometri dalla Manchester Arena dove, appena pochi giorni prima, moltissimi suoi giovani fans avevano trovato la morte per mano del ventitreenne Salman Abedi, è la dimostrazione dell’esatto contrario: che nessuno, a cominciare proprio dai più giovani, deve piegare la testa di fronte alla follia omicida, all’odio, alla repressione. Con la cantante statunitense, in lacrime sul palco del grandissimo show tenuto proprio in ricordo delle 23 vittime del 22 maggio 2017, altri grandi nomi della musica, dai Codplay a Liam Gallagher, a Robbie Williams a Miley Cyrus, si sono uniti in un gigantesco, colossale, altisonante “No!”. No a vivere nella paura, no a chi ogni volta ci prova, a ricacciarci in quell’orrore infernale, no a chi ci vorrebbe come tante lumachine atterrite pronte a rinchiuderci nel nostro guscio.

Fonte: web

Lo avevano già dimostrato del resto, i cittadini di Manchester come quelli di Parigi un anno prima, pronti a scendere in strada per prestare soccorso, aiuto, cibo, riparo nelle primissime ore subito dopo l’attentato.

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Una generazione cresciuta incolpevolmente dopo l’11 settembre, fra le stragi di Madrid e quelle più recenti di Charlie Hebdo o del Bataclan, non può assuefarsi al terrore, né crescere pensando che sia la normalità cercare di vivere il meno possibile, perché qualcuno potrebbe risentirsi e volerci togliere tutto. E infatti non lo pensa, e dimostra di voler vivere eccome, respirare, viaggiare, cantare saltando sotto un palco e girare liberamente in metro, in treno, in autobus o in aereo. Perché, come dice Daria Bignardi nel suo editoriale per Vanity Fair, citando la figlia adolescente di un’amica,

Allora può capitare ovunque ci sia gente, anche in metropolitana, e io non ho paura, tanto non posso farci niente. È più facile morire investiti da un’auto che in un attentato. E ai vostri tempi avevate le Brigate rosse, nere, la mafia, mica era meglio di adesso, no?

Già, ogni epoca, in fondo, ha dimostrato che c’è sempre stato chi della gioia e della normalità altrui ha sofferto; che fra i tanti che andavano avanti con la loro esistenza normale, c’era sempre qualcuno che desiderava solo precipitarli nel terrore, privandoli anche di quello, della certezza di una vita serena. Ogni tempo ha avuto i suoi mostri, ma non per questo l’umanità si è fermata. Non  lo farà nemmeno stavolta. Le 50 mila persone presenti al “One Love Manchester”, unite a quelle dei trenta paesi in cui l’evento è stato trasmesso in diretta tv, ne sono la dimostrazione più evidente e lampante.

Fonte: web

Che seccherà certamente i “cattivi”, qualunque sia il loro volto o la loro etnia, e farà prender loro consapevolezza del fatto che  nemmeno stavolta ci sono riusciti. No, nemmeno stavolta la gente smetterà di ridere, di cantare, di ballare, di uscire a divertirsi con gli amici o con le famiglie, per causa loro. I ragazzi di oggi, quelli cresciuti loro malgrado con le bombe alle Torri Gemelle e i tir lanciati a falciare folle innocenti, così come quelli di ieri, venuti su a pane e Guerra Fredda, non smetteranno mai di essere liberi.

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