"Non tutti gli uomini stuprano e uccidono". Ma voi altri, cosa fate?

Abbiamo bisogno di uomini che dicano "tutti gli uomini", e non stiamo più zitti. Mettetevi in ascolto, confrontatevi, scendete nelle piazze, decostruite, cambiate. Fate cioè quello che noi donne e persone non binarie stiamo facendo, perché alla cultura maschilista siamo state allevati e allevate tutti e tutte, ma siamo noi a subire abusi e perdere la vita.  Prendetevi la responsabilità. “Nessuno è innocente se crede di dover rispondere solo di sé”, ha scritto Michela Murgia. E non basta auto assolversi per non essere colpevoli.

“Non tutti gli uomini sono così”.
È un refrain collettivo da “bravi ragazzi”, una sorta di mantra che non cura: “Non tutti gli uomini stuprano”, “Non tutti gli uomini uccidono”, “Non tutti gli uomini maltrattano, umiliano, agiscono sulle donne violenza psicologica, economica, domestica, riproduttiva…”.

Un ritornello inutile, senza prospettive costruttive di fronte a un fenomeno sistemico che miete un numero di vittime inaccettabile anche limitandosi a contare quelle visibili, e fingendo di non sapere (finzione peraltro istituzionalizzata!) che quelle invisibili sono molte di più.

Eppure risuona, ogni volta che i media strappano la violenza di genere dal contesto nel quale essa agisce quotidianamente, in modo costante ma con meno clamore. Lo sentiamo ripetere, sulla scia di casi di cronaca destinati a scalare i trend perché particolarmente succosi per l’algoritmo, le campagne elettorali o il personal branding di quaquaraquà, che si affrettano a spiegarci, dall’alto del loro essere “uomini perbene”, perché non possiamo permetterci di dire tutti gli uomini; dimentichi di quanti “giganti buoni” e “padri di famiglia insospettabili” ci hanno fatte a pezzi.

Avviene allora che, la violenza che accade ogni giorno nel privato delle case, nei luoghi pubblici, a scuola, sul lavoro e in ogni anfratto delle nostre vite di bambine, ragazze e donne, entra nel dibattito pubblico, come se si trattasse di storie eccezionali, di (stra)ordinaria follia, laddove la pazzia non c’entra nulla: è cultura. Patriarcale, maschilista, machista.

Non a caso le stesse notizie, rilanciate con una dose crescente di morbosità e pornografia del dolore, riverberano sulle persone socializzate maschi o femmine in modi radicalmente diversi. Esse rinnovano nelle persone socializzate come femmine la paura, la rabbia, il senso di impotenza, e un turbinio di emozioni sfiancate dallo strazio che si sa senza fine. Appartiene alle donne, la consapevolezza di essere in costante pericolo, di poter essere le prossime anche se, spesso (statistica alla mano), si è già state vittime. Negli uomini, il ventaglio delle emozioni è basico: si riduce al fastidio di sentirsi chiamati in causa, alla paura di essere accusati ingiustamente o di non riuscire a nascondere abbastanza bene o in fretta la coda di paglia. Si aggiunga la rabbia passivo-aggressiva, tenuta a bada a fatica di fronte a ogni persona cerchi di far comprendere loro perché è ora di finirla, con il mantra del “non tutti gli uomini”. Deve finire.

Anche perché un cambiamento sta avvenendo, è innegabile: lo respiriamo tutte e tutti. Le persone socializzate come donne, come un vento di resistenza e di liberazione; gli uomini, come una tempesta che li coglie spaventati e impreparati: non stiamo più zitte! Non tutte, non sempre in modo coeso, ma noi donne siamo stanche, e sappiamo, ogni giorno di più, che il silenzio, farsi piccole, passare rasente i muri di casa o per strada non salva nessuna.

Il problema è che gli uomini non stanno capendo (o forse dovremmo specificare non tutti?). “Non è colpa mia, io non c’entro, io sono diverso!” dicono, e in questo caso yes all men è un dato di fatto, più che un hashtag! Così facendo, dimostrano di non aver compreso che non è questione di prendersi la colpa, ma di prendersi la responsabilità. Oltre a perdere un’occasione, quella di mettersi in ascolto e provare, finalmente, a capire.

Perché se è vero che non tutti gli uomini stuprano e uccidono, è pur vero che tutti gli stupratori e i femminicidi sono maschi. Sulle loro bacheche o feed social, quando se ne conoscono i nomi, non è peraltro difficile rintracciare proclami di rispetto, cura, amore e protezione nei confronti di madri, mogli, sorelle. Anche loro #notallmen, insomma, fino a prova contraria.

Perché se è vero che non tutti gli uomini sono così, tutti – tutti! – partecipano sin da piccolissimi al mantenimento della cultura patriarcale che è, a partire dai suoi stessi miti fondatori fino ad arrivare al nostro codice legislativo, cultura del possesso maschile e della sottomissione femminile, e passa per gli strumenti del potere della violenza di genere, di cui lo stupro e il femminicidio sono rispettivamente l’arma di tortura e quella di annientamento più efficaci.

Perché se è vero che non tutti gli uomini sono così, tutti – anche il più integerrimo dei nostri padri, partner, figli, amici, colleghi, conoscenti o alleati di lotta – dicono, fanno o pensano cose che appartengono a quella che in sociologia viene identificata con il nome di piramide della cultura dello stupro. Questa:

LegaCoop Commissione Pari Opportunità

O qualcuno può forse negare di aver esperito le forme socialmente accettate di violenza di genere che stanno alla base della piramide, qui visualizzate?

Non tutti gli uomini lo fanno consapevolmente è, a conti fatti, forse l’unico #notallmen che possiamo permetterci, ma solo a patto che lo si assuma come un’assioma, una verità da cui partire per farsi carico della responsabilità che deriva dal fatto di appartenere al genere che da sempre beneficia del potere e opprime, per esercitarlo e mantenerlo

Non abbiamo bisogno di uomini trincerati dietro i loro #notallmen.
E neppure di uomini che si colpevolizzino.

Abbiamo bisogno di uomini che non si auto assolvano ma, finalmente consapevoli di essere un ingranaggio nel sistema, si adoperino per farlo saltare, a partire da se stessi e da coloro che li circondano.

Abbiamo bisogno di uomini che facciano sentire la loro rabbia ogni volta che la società li tratta come eterni bamboccioni resi subumani dal testosterone, o li deresponsabilizza come lobotomizzati di cui dovrà rispondere sempre “la donna di turno”: per com’era vestita o ubriaca, per averli lasciati, traditi, umiliati; in alternativa, per essersi scordata di educarli.

Abbiamo bisogno di padri che, a ogni “è colpa delle madri che non li hanno educati”, alzino la voce per dire: “E noi? Noi cosa abbiamo fatto?”, rivendicando il loro ruolo pedagogico.

Abbiamo bisogno di uomini che facciano un passo indietro sui palchi, quando si parla di questioni femminili, ma si mettano nelle platee – quasi sempre deserte di maschi – ogni volta che parliamo di violenza di genere. Perché lo stupro, il femminicidio, le forme della violenza domestica, il sessismo e la discriminazione di genere riguardano noi donne, in quanto vittime, ma sono gli uomini ad agirle.

Abbiamo bisogno di uomini che non siano più disposti ad accettare la colpevolizzazione delle vittime, e neppure l’educazione preventiva che si impartisce alle donne. Uomini, che dicano che non è compito nostro imparare a difenderci, organizzarci per non rientrare la sera da sole, non bere, vestirci in modo da non attirare desideri e attenzioni. Ditelo anche voi, che questa è solo diseducazione maschile. E agite di conseguenza.

Abbiamo bisogno che si dica tutti gli uomini, per smettere di avere paura dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, che non è incitamento al sesso inconsapevole, bensì educazione necessaria al consenso, alla conoscenza e al rispetto di sé e dell’altro. Abbiamo bisogno che questa educazione sia obbligatoria, non dalle scuole medie o, peggio, da quelle superiori, ma sin dalla scuola dell’infanzia.
Si educano i bambini e le bambine. I ragazzi, le ragazze e le persone adulte in generale possono semmai essere rieducate, con alterne e insufficienti fortune.

Non tutti gli uomini non assolve nessun uomo, non salva nessuna donna o persona trans o non binaria. E noi invece abbiamo bisogno di metterci in salvo.
Di più, abbiamo il diritto di muoverci nel mondo libere, senza il terrore di doverci tenere al sicuro, senza la paura di non riuscire a farlo, senza la colpa e l’orrore che ci perseguitano da vittime.

Tutti gli uomini, ditelo tutti. Non state più zitti, neppure voi.
Mettetevi in ascolto, confrontatevi, scendete nelle piazze, decostruite, cambiate. Fate cioè quello che noi donne e persone non binarie stiamo facendo, perché alla cultura maschilista siamo state allevati e allevate tutti e tutte, ma siamo noi a subire abusi e perdere la vita. 
Prendetevi la responsabilità.

“Nessuno è innocente se crede di dover rispondere solo di sé”,
ha scritto Michela Murgia.

E non basta auto assolversi per non essere colpevoli.

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