Allarme dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS): nel mondo si effettua un’eccessiva medicalizzazione nei parti, mentre si dovrebbe dare maggior tempo alle donne per partorire. Per evitare che il parto diventi troppo spesso una fredda procedura medica, ma venga vissuto in maniera naturale dalle donne, l’Oms ha pubblicato delle nuove linee guida per i medici italiani.

La medicalizzazione del parto diventa più evidente soprattutto andando ad analizzare i dati che riguardano il taglio cesareo. Secondo l’Oms, molti dei quali non sarebbero necessari. In Italia l’utilizzo del taglio cesareo è passato dal 10% a inizio anni ’80 al 37,5% nel 2014.

L’Oms fa sapere che i parti necessari sono importanti, e in certi casi assolutamente necessari, ma non dovrebbero superare di media il 15% dei parti totali.

Quello che è successo negli ultimi vent’anni è che stiamo applicando sempre più interventi inutilmente alle donne – spiega Olufemi Oladapo, membro del dipartimento sulla Salute riproduttiva dell’Oms  – Cose come il parto cesareo, l’uso di un farmaco chiamato ossitocina per accelerare il travaglio, stanno diventando molto dilaganti in tante aree del mondo

In certe aree del mondo, avverte l’Oms, il cesareo diventa un modo per “velocizzare” il parto poiché i medici pensano che le donne ci stiano mettendo più tempo del dovuto. Stando alle linee guida degli anni ’50 un parto normale avviene ad un ritmo di circa 1 centimetro di dilatazione ogni ora, ma nella realtà, spesso, per partorire serve molto più tempo.

Se il travaglio è lento, tuttavia, l’Oms raccomando che ciò non è sufficiente per avviare un intervento chirurgico. Il ritmo di dilatazione ideale, fa sapere l’Oms, è di 5 cm di dilatazione per le primipare durante le prime 12 ore e di 5cm per i parti successivi nelle prime 10 ore.

Inoltre, ricorda l’Oms, il taglio cesareo aumenta la probabilità nelle donne di subire un aborto spontaneo nelle successive gravidanze, mentre nel nascituro il rischio di essere obeso o soffrire di asma.

 

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