Terni: l'assurda ordinanza antiprostituzione che impone il decoro a tutte le donne

Fa discutere un'ordinanza del sindaco di Terni che vieta abbigliamenti e comportamenti "indecorosi" per contrastare la prostituzione. Peccato che il concetto di "indecoroso" sia piuttosto nebuloso, e riguardi solo le donne.

Fa discutere una recente ordinanza del comune di Terni, valida fino al 31 gennaio 2022, in cui si cerca di superare il “degrado del territorio per il decoro e la visibilità dei luoghi”.

Leggendo qualcuno avrà pensato a un’intensa opera di pulizia stradale, di recupero dei rifiuti abbandonati o a misure per contrastare l’inquinamento, e invece no: il sindaco Leonardo Latini si riferisce alla prostituzione.

Nell’ordinanza si legge:

[considerato] che nel territorio comunale la prostituzione su strada, per la diffusione del fenomeno in alcune aree, pregiudica il decoro e la vivibilità urbana nonché le condizioni di vita dei cittadini, costituendo fonte di degrado urbano ed insicurezza, come testimoniato dalla pluralità di segnalazioni, denunce ed esposti tesi a evidenziare la insostenibilità della convivenza col fenomeno.

[sia fatto divieto a chiunque] … di richiedere informazioni a soggetti che pongano in essere i comportamenti consistenti nell’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo, che indossino un abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero mostrino nudità e/o di concordare con gli stessi l’acquisizione di prestazioni sessuali a pagamento.

C’è anche una specifica molto chiara:

La violazione si concretizza con lo stazionamento e/o l’appostamento della persona e/o l’adescamento di clienti e l’intrattenersi con essi e/o con qualsiasi altro atteggiamento o modalità comportamentali, compreso l’abbigliamento, che possano ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la prostituzione.

Ora, fermo restando che nel nostro Paese la prostituzione, intesa come “scambio di servizi sessuali per denaro”, sia lecita, mentre a non esserlo semmai è lo sfruttamento da parte di terzi o la sua organizzazione in luoghi chiusi come i bordelli, l’ordinanza ternana non può comunque che generare grandi perplessità, a partire dal lessico usato.

Come fa notare la vicepresidente dell’associazione Terni Valley, Federica Burgo, appare abbastanza evidente che l’ordinanza sia declinata esclusivamente al femminile (“… i comportamenti messi in atto in tali occasioni, sia dalle prostitute, che dai clienti“), ma che soprattutto sia quantomeno discutibile il concetto di “decoroso”, riferito sia all’abbigliamento che al comportamento.

… niente leggi che perseguono con maggiore intensità gli atteggiamenti inequivocabilmente criminali, niente incremento della vigilanza notturna, nulla di questo genere, nessun intervento fattivo e quantificabile – scrive Burgo – come sempre, a rimetterci sono le donne, e un ideale di abbigliamento che non solo non è chiaro (sono quindi vietate le gonne? E di quale lunghezza? Sono vietate le scollature, e di quale profondità?), ma va a ledere la libertà individuale in nome di un decoro tanto ridicolo quanto anacronistico.

Per contrastare fenomeni come la prostituzione si interviene sull’abbigliamento delle donne, si puniscono le donne e la loro libertà di vestirsi, in linea con un ideale di società antica e patriarcale, oltre che paternale, che purtroppo non è nuovo a questa amministrazione comunale. La stessa amministrazione che magari critica ferocemente chi per cultura porta l’hijab.

Un’ordinanza del genere sembra girare intorno all’argomento piuttosto che risolverlo, utilizzando per altro tematiche ed espedienti che vorrei vedere superati da chi dovrebbe rappresentarci.

Come sempre, anche facendo finta che in strada a prostituirsi siano solo le donne (non è vero), non si invitano gli uomini a non incentivare lo sfruttamento, bensì le donne stesse a non “adescare”. Insomma, la colpa è sempre loro.

Inoltre, collegare il tipo di abbigliamento alla prostituzione (che ricordiamo, in Italia non è illegale) è di una superficialità estrema ed è lesivo della libertà di chiunque. Ma non solo: basare il giudizio su un non ben specificato decoro (soggettivo per sua natura) fa sì che ciò che per una persona è un abbigliamento normale, per altri possa risultare indecoroso. Chi lo decide? Possibile che nel 2021 si debba aver paura di indossare una gonna (le sanzioni previste vanno da minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00) perché altri possono decidere che sia troppo corta?

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