Stupro di Palermo, "rischio sicurezza": perché il carcere chiede di trasferire i sei indagati

La direzione della casa circondariale Pagliarelli sostiene che il trasferimento sia necessario per "prevenire possibili azioni destabilizzanti per l'ordine e la sicurezza"

I sei ragazzi indagati per lo stupro di Palermo ai danni di una 19enne – fatti che sarebbero avvenuti lo scorso 7 luglio al Foro Italico – potrebbero presto cambiare carcere. La richiesta di allontanamento è stata inoltrata dalla direzione in seguito alle minacce ricevute dagli indagati all’interno della casa circondariale Pagliarelli. Secondo le ultime notizie, sarebbero stati i ragazzi stessi a chiedere il trasferimento, domanda poi formalizzata dalla direzione della struttura, che ha richiesto l’allontanamento al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Sicilia.

Scrive così il Pagliarelli: “Atteso che l’elevato clamore mediatico della vicenda ha determinato la piena conoscenza dei fatti anche da parte della restante popolazione detenuta, ragion per cui (i sei indagati, ndr) sono invisi alla stessa, inclusi i detenuti delle sezioni protette ove sono allocati con divieto d’incontro, che con non poche difficoltà si riesce a garantire, atteso che i detenuti coinvolti nella vicenda sono sei“, come riportato da Palermo Today “per prevenire possibili azioni destabilizzanti per l’ordine e la sicurezza si chiede con urgenza di voler valutare l’immediato allontanamento da questa sede degli stessi“. Dunque, la richiesta avrebbe carattere di urgenza e sarebbe motivata dal fatto che gli altri detenuti starebbero minacciando i sei ragazzi. Il carcere, inoltre, dispone di un numero limitato di sezioni protette.

Nel frattempo, i familiari degli indagati si sarebbero presentati in commissariato per sporgere denuncia per le minacce ricevute su Internet. L’evento ha infatti scatenato da subito una bufera social, con reazioni veementi da parte dell’opinione pubblica.

Angelo Flores, Elio Arnao, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Gabriele Di Trapani e Cristian Barone continuano a giustificarsi sostenendo che nessuno di loro pensava si trattasse di una violenza, in quanto, secondo la loro testimonianza, la vittima era consenziente. Inoltre, continuano a dire di ‘aver commesso un errore’, e di aver capito solo in un secondo momento la gravità dei fatti, nonostante si proclamino innocenti. Sebbene Maronia abbia sostenuto di essere tornato indietro per aiutare la ragazza, ma anche che quest’ultima fosse consenziente, durante una conversazione registrata dai carabinieri si sente lo stesso ragazzo, come riporta Il Corriere della Sera, dire che la giovane “non voleva, faceva ‘no, basta'”.

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