Mentre Alberto Genovese si trova in custodia cautelare, parla, per la prima volta, la ragazza stuprata da lui per una notte intera durante una delle feste organizzate dall’ex patron di Facile.it; lo fa attraverso un audio inviato alla trasmissione Live – non è la D’Urso, in cui ripercorre le sensazioni provate quella notte.

In questi giorni, dopo che è uscita la notizia del suo arresto, ho cominciato a leggere tante cose, i miei ricordi si sono fatti sempre più precisi. E la cosa che mi fa più male è sentire i commenti di queste persone che cercano di darmi una colpa o di giustificare quello che mi è stato fatto. Quello che ho vissuto io, quelle ore di paura non si possono neanche immaginare. Ho avuto paura di morire, ho rischiato di morire. Ho avuto paura di non poter rivedere più la mia mamma, il mio papà, le mie sorelle, i miei amici – racconta la diciottenne, che spiega anche – Non ho mai percepito queste feste in Terrazza sentimento come pericolose in nessun modo, non ho mai percepito questo ambiente come viscido. Andavo lì per divertirmi e mi sono ritrovata a vivere un inferno.

Io che sono la vittima mi sono sentita attaccata ingiustamente. Penso che manchi tanta sensibilità riguardo all’argomento perché molta gente parla, molta gente specula, molta gente commenta. Mi sono vista dipinta in tanti modi, cosa che comunque non giustificherebbe quello che mi è stato fatto, ma mi infastidisce, perché io non sono così. Io, che sono la vittima, mi sono sentita più volte offesa, più volte attaccata ingiustamente perché dopo tutto quello che ho vissuto, quest’ulteriore ‘violenza mediatica’ non penso assolutamente sia giusta.

La ragazza spiega di essere rimasta profondamente ferita da quanti l’hanno chiamata escort:

Ho 18 anni, faccio la modella, ho appena finito gli studi: mi sono sentita chiamare escort, che prendevo dei soldi per andare a queste feste, andavo lì per divertirmi e mi sono ritrovata in un inferno.

In effetti, su di lei la gogna mediatica e social si è riversata in maniera impietosa subito dopo l’arresto di Genovese: perché, se è vero che lui è “lo stupratore” per la mentalità del victim blaming lei resta quella che “se l’è cercata”.

Un’odiosa abitudine maschilista che, purtroppo, abbiamo visto essere prassi non solo dell’opinione popolare, ma addirittura dei media. Ricordiamo un articolo de Il Sole 24 ore che tesseva le lodi di Genovese limitandosi a poche righe sull’accaduto, quasi che l’essere un grande imprenditore fosse sufficiente a passare un colpo di spugna sul resto, ma ancora oggi leggiamo Filippo Facci che, su Libero Quotidiano, scrive

È vero che uno stupro è uno stupro, ma è anche vero che chi va al mulino s’ infarina. Lo status di stuprata e di puttanella possono anche convivere, e non ci riferiamo alla 18enne – anzi – ma ad altre decisamente sì.

Persino Chiara Ferragni ha dedicato una IGTV per descrivere quanto profonda e radicata sia la cultura maschilista, che non porta mai a vedere completamente le donne solo e soltanto come vittime.

Eppure, l’umanità, in casi del genere, stenta. Ed è proprio di umanità che parla anche la diciottenne, in un appello rivolta a quanti decideranno, in futuro, di commentare ancora la sua storia.

In questo momento chiederei un po’ di umanità a tutti, sono in cura con degli psicologi e persone al mio fianco che mi stanno aiutando. Ci tengo a ribadire che sono debole, fragile e tutto questo odio gratuito nei miei confronti mi fa stare male

 

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