In Polonia un registro per segnalare gli aborti e punire chi li fa

Il Paese si prepara a creare un data base con i dati sanitari di tutte le donne incinte. L'organizzazione internazionale lancia l'allarme: "È l'ultimo atto di un’ondata di attacchi crudeli e discriminatori ai diritti umani delle donne".

A un anno dall’entrata in vigore della restrittiva legge che vieta l’aborto, la Polonia sta progettando di introdurre un registro centralizzato delle gravidanze che obbligherebbe i medici a segnalare al governo tutte le gravidanze e gli aborti spontanei.

Il registro entrerà in vigore a gennaio del 2022 e inasprisce ancora di più la legge approvata l’anno prima, il 27 gennaio 2021, ossia quella che impedisce quasi totalmente l’interruzione di gravidanza nel Paese, anche in caso di gravi malformazione del feto: chi trasgredisce, medico o paziente, rischia fino a tre anni di carcere.

La proposta di legge era arrivata a fine ottobre 2020 dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia, capeggiato del premier Mateusz Morawiecki, e a nulla servirono le manifestazioni di protesta per impedire che a metà del secondo millennio un Paese dell’Unione Europea mettesse in atto una violazione dei diritti umani di questa portata.

Ora il governo polacco si prepara anche a creare un vero e proprio database che prende il nome di Istituto familiare e demografico e che avrebbe, in teoria, lo scopo di aumentare il tasso di natalità della Nazione, limitando tra l’altro i divorzi, impedendo gli aborti e annientando le famiglie arcobaleno.

La proposta di legge è stata presentata dalla fondazione civile Pro che si batte contro l’interruzione di gravidanza, e dovrebbe essere approvata dal Senato a metà dicembre 2021 per entrare in vigore all’inizio del nuovo anno. Nel testo pare sia presente anche l’istituzione della figura di un superprocuratore che avrebbe accesso ai dati sulle gravidanze delle donne polacche e il potere di non approvare i divorzi.

Nonostante il progetto di legge sia stato presentato ai cittadini come un aggiornamento del sistema di informazione medico-sanitaria, gli attivisti sono decisamente preoccupati su come verrà gestito in realtà: “Si tratta di controllo, si tratta di assicurarsi che le gravidanze finiscano con la nascita”, ha detto Natalia Broniarczyk, attivista dell’Aborcyjny Dream Team, al settimanale polacco Gazeta Wyborcza.

Numerose anche le proteste online che si sono unite in un’iniziativa sui social media dal nome Vorrei segnalare educatamente che non sono incinta e in cui le donne polacche inviano via email, le foto dei loro assorbenti, tamponi e biancheria intima usata al ministero della salute, a dimostrazione di non avere una gravidanza in corso.

In tutto ciò il ministero nega l’utilizzo del database come registro centralizzato delle gravidanze, e tramite un portavoce afferma che le modifiche fanno semplicemente parte di un progetto di digitalizzazione più ampio che aggiornerà il modo in cui vengono archiviati i dati su una moltitudine di condizioni sanitarie, affermando che i medici hanno sempre avuto informazioni sulle gravidanze, ma prima venivano archiviate su carta dagli ospedali, mentre ora il tutto avverrà a livello centrale.

Non sono mancate di certo le critiche alle scelte del governo polacco. Anche Amnesty International ha lanciato l’allarme e in un comunicato si è rivolta ai parlamentari polacchi affinché “respingano in modo inequivocabile la scellerata proposta di legge”. Esther Major, Senior Research Adviser per l’Europa di Amnesty International, ha commentato così l’iniziativa:

“Equiparare l’aborto all’omicidio è l’ultimo di un’ondata di attacchi crudeli e discriminatori ai diritti umani delle donne da parte dei legislatori polacchi, che sta mettendo a rischio sempre maggiore la salute e la vita di donne, ragazze e persone che hanno bisogno di un aborto. La Polonia ha già un quadro draconiano e violento per la fornitura di servizi per l’aborto. I parlamentari polacchi devono respingere inequivocabilmente questa scellerata proposta di legge che, se approvata, non farebbe altro che aumentare la probabilità che donne e ragazze subiscano danni fisici e psicologici o che, addirittura, perdano la vita, ricorrendo alla pratica rischiosissima dell’aborto clandestino”.

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