Nelle scorse ore il consiglio dei Ministri ha approvato il testo della nuova legge di bilancio 2019, che entro i prossimi giorni sarà presentato in Parlamento. Come evidenziato dal Sole24ore, in ambito previdenziale, una delle cose che salta all’occhio è la proroga dell’opzione donna, che il ministro del Lavoro Luigi Di Maio aveva già annunciato nelle passate settimane. Che cos’è l’opzione donna e in che modo influisce sulle nostre pensioni?

L’opzione donna è uno strumento di flessibilità previdenziale che permette di accorciare gli attuali termini previsti per andare in pensione. Questa misura è stata introdotta nel nostro ordinamento per la prima volta dalla legge Maroni 243/2004 e, di proroga in proroga, è arrivata fino ad oggi. Le lavoratrici in possesso dei requisiti previsti per usufruire dell’opzione donna avranno la possibilità di accedere a una pensione di anzianità anticipata, con un assegno calcolato interamente con il sistema contributivo.

Per poter accedere alla pensione anticipata sono necessari alcuni requisiti fondamentali. Il primo riguarda l’età: le lavoratrici dipendenti devono avere 58 anni, mentre per le lavoratrici autonome la soglia si alza a 59 anni. Il secondo requisito riguarda i contributi versati: tutte le lavoratrici devono aver raggiunto la soglia dei 35 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2015. Il periodo finestra – ovvero il periodo che passa dalla data di maturazione dei 35 anni di contributi – è di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per quelle autonome.

È effettivamente vantaggioso usufruire dell’opzione donna? Per quanto riguarda l’età pensionabile, non c’è dubbio: la legge attualmente in vigore prevede il raggiungimento di almeno 41 anni e 10 mesi di contributi, o di 20 anni di contributi e un’età anagrafica di 66 anni e 7 mesi per lavoratrici del settore pubblico, 65 anni e 7 mesi per quelle del settore privato e 66 anni per quelle autonome.

Mentre, dal punto di vista dell’assegno pensionistico, l’opzione donna prevede un’importante decurtazione variabile dal 20 al 30%. La pensione viene infatti calcolata interamente con il sistema contributivo, ovvero sulla base dei contributi effettivamente versati nel corso dell’intera attività lavorativa. Una differenza notevole: l’assegno calcolato con il sistema misto – cioè basato parzialmente sul sistema contributivo e parzialmente su quello retributivo – sarebbe ben più consistente.

 

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