La quarta causa di morte in Colombia è l'aborto... e c'è un motivo

In Colombia solo il 10% circa delle interruzioni di gravidanza viene eseguito in modo sicuro nelle strutture sanitarie. A peggiorare la situazione, la mancanza di personale qualificato e la scarsità di farmaci.

Nonostante l’ok parziale all’aborto dato dal governo della Colombia, solo il 10% circa delle interruzioni di gravidanza viene eseguito in modo sicuro nelle strutture sanitarie ed è quindi alto il numero di morti a seguito di un aborto. Secondo quanto riportato da NBC News, l’aborto è la quarta causa di morte in Colombia.

La Corte costituzionale colombiana ha sancito nel 2006 che l’interruzione volontaria di gravidanza è legale solo in tre circostanze: quando la vita della donna è in pericolo, quando la gravidanza è il risultato di uno stupro, o quando è presente una malformazione significativa del feto che non gli permetterebbe di sopravvivere. Se si abortisce in modo illecito, l’articolo 122 del codice penale colombiano prevede dai 16 ai 54 mesi di reclusione.

Medicos Sin Fronteras ha pubblicato un rapporto in spagnolo intitolato Aborto no seguro, mujeres en riesgo (Aborto non sicuro, donne a rischio), in cui si evidenziano gli ostacoli che le donne colombiane devono spesso affrontare nel tentativo di interrompere una gravidanza.

Nel rapporto si legge che l’88% delle pazienti ha affermato di aver incontrato almeno un ostacolo nel tentativo di accedere a un’interruzione volontaria di gravidanza. Il 53% ha dichiarato di aver affrontato ostacoli sociali, come molestie o stigma sociale da parte di familiari e amici, mentre il 27% delle donne che hanno richiesto un aborto sicuro in una struttura sanitaria ha visto rifiutare la loro richiesta e ha dovuto sopportare abusi verbali, pregiudizi, violazioni della riservatezza e informazioni errate o travisamento della legge sull’aborto.

Molti membri del personale medico che hanno rifiutato di effettuare aborti a causa delle proprie convinzioni personali; in altri casi, ci sono stati ritardi e guasti del sistema dovuti alla mancanza di personale qualificato o alla mancanza di farmaci.

Johana Cepeda, infermiera e attivista colombiana per i diritti umani, ha dichiarato ad Amnesty International che la pandemia ha reso ancor più difficoltoso l’accesso all’aborto legale e sicuro. Uno dei problemi maggiori è il fatto che la maggior parte delle cliniche che permettono l’aborto in Colombia si trovano in città, e la maggior parte della popolazione vive in aree rurali.

A causa delle limitazioni allo spostamento mese in atto per arginare la pandemia, molte donne hanno dovuto affrontare rilevanti ostacoli geografici e logistici per avere accesso all’assistenza sanitaria. E non è tutto. Come ha affermato Johana, “molte donne si sono trovate in isolamento con persone violente che abusano di loro o che controllano le loro decisioni e non hanno potuto chiedere informazioni”.

Gli attivisti temono che molte di queste donne, intrappolate in condizioni di emarginazione e violenza, mettano in atto procedure pericolose per porre fine alla loro gravidanza.

“Molti considerano il concetto di ‘salute’ opposto a quello di ‘malattia’, ma mancano di una comprensione più ampia che includa il benessere fisico, mentale e sociale”, ha spiegato Cepeda.

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