Quei bambini che l'Italia rende orfani di madri vive e presenti

Non c'è nessuna volontà di tutelare i bambini nella scelta di non registrare i figli delle cosiddette coppie arcobaleno, o nati tramite gestazione per altri. E infatti non li tutela. Li rende semmai anagraficamente orfani di una madre o di un padre, sebbene questi siano vivi, presenti e a tutti gli effetti madri o padri dal punto di vista affettivo, educativo ed economico, al di là delle carte. Con tutto ciò che questo comporta e comporterà nelle loro vite. Ma allora perché sta succedendo? Perché si è aperta questa caccia alle streghe a ritroso che, è verosimile pensare, sia solo all'inizio?

Nei giorni scorsi, la procura di Padova ha deciso di impugnare 33 atti di nascita di figli di coppie omogenitoriali, uno dei quali risalente addirittura al 2017. Si tratta di bambine e bambini con due madri: in tutti i casi, entrambe registrate all’anagrafe e quindi risultanti sui documenti dei figli, e come tali riconosciute a pieno titolo genitrici dalla legge, con tutto il corredo di obblighi e diritti  nei confronti del figlio, anche in caso di separazione o di morte. Finora. Non sarà più così: la procura ha deciso di non riconoscere, e quindi di eliminare dai documenti, le madri non biologiche.

Così facendo, il sistema giudiziario italiano obbliga questi bambini a essere orfani formali di un genitore, sostituto all’anagrafe con la formula padre ignoto (o madre ignota, se trattasi di due padri), che usa per registrare i figli di famiglie monogenitoriali o, appunto, per nascondere, omettere e negare genitorialità non eteronormate.

Ci sono varie anomalie, in questa impugnazione.

Prima tra tutte anomala è la retroattività nella contestazione di un atto registrato anni prima, in un caso addirittura sei, e che quindi già al tempo era stato inviato alla procura come da procedura. Il precedente, verosimilmente, apre quindi la strada a una caccia alle streghe a ritroso e a prossimi smembramenti di famiglie costituitesi e riconosciute ufficialmente da anni, e all’improvviso dichiarate fuorilegge.

Palesemente problematica e priva di fondamenti psico-pedagogici, del resto, anche la valutazione messa agli atti della procuratrice di Padova Valeria Sanzari, nella richiesta al tribunale di modificare il certificato di nascita di una bambina registrata nel 2017 come figlia di due madri:

La giovane età della bambina esclude che la modifica del cognome come richiesto possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale.

Nessuna volontà di tutelare i minori

Non c’è nessuna volontà di tutelare i bambini nella scelta di non registrare i figli delle cosiddette coppie arcobaleno, o nati tramite gestazione per altri. Che questa volontà non ci sia, è reso evidente dal fatto stesso che questa scelta non li tutela. Rende semmai i bambini anagraficamente orfani di una madre o di un padre, sebbene questi siano vivi, presenti e a tutti gli effetti madri o padri dal punto di vista affettivo, educativo ed economico, al di là delle carte.

L’orfananza cui il sistema giudiziario italiano obbliga questi bambini non è solo formale.
Così facendo, infatti, espone i bambini a rischi concreti, in materia di riconoscimento sociale, diritti, tutele e garanzie; negando alla madre intenzionale (o genitore intenzionale) i diritti, ma anche gli obblighi nei confronti del figlio, soprattutto in caso di malattia, decesso o divorzio, ma non solo.

Senza entrare poi nel merito – ma dovremmo – dei potenziali effetti devastanti sulla salute mentale di minori che, a sei anni, vedono fatta a pezzi la loro identità, nonché negato e svalutato il loro universo affettivo

Perché non è la prima volta, ma è molto grave

In queste ore, si sta scrivendo molto su questi fatti – com’è ovvio che sia -, facendo risalire l’inizio di questo attacco sistematico alle famiglie cosiddette non tradizionali alla sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, n. 38162 pubblicata il 30 dicembre 2022 che, ribaltando quella precedente della Corte d’Assise di Venezia, aveva deciso di escludere il padre di intenzione dall’atto di nascita registrato in Canada e trascritto in Italia di un bambino, figlio di una coppia gay di cittadini italiani sposati all’estero, perché nato da gestazioni per altri. 

La Cassazione ha così sancito cioè che non può essere registrato all’anagrafe il genitore non biologico di un bambino nato da surrogazione di maternità.

A quella sentenza, seguì la circolare n. 3/2023 del Ministero dell’Interno facente capo a Piantedosi, con preghiera di ragguagliare i “Sigg.ri Sindaci, al fine di assicurare una puntuale ed uniforme osservanza degli indirizzi giurisprudenziali espressi dalle Sezioni Unite negli adempimenti dei competenti uffici“.

Facendo riferimento a questa sentenza, molte amministrazioni locali hanno smesso di registrare, più genericamente, i bambini nati da coppie omogenitoriali.

Andando però più in profondità, si trovano numerosi casi avvenuti in precedenza, come quello di Ilaria e Anna e della loro bambina, Adele, che abbiamo raccontato in questa puntata del podcast di GravidanzaOnLine, Ritratti di Famiglie. Quando Adele è nata nel giugno 2020, di fronte al rifiuto del Comune di Brescia di registrare Anna in quanto madre, la coppia ha fatto ricorso al tribunale di Brescia, che ha riconosciuto loro la doppia maternità e la modifica dell’atto di nascita della loro figlia. Per la prima parte della sua vita, Adele ha quindi avuto legalmente due mamme, finché l’avvocatura di Stato ha deciso di impugnare la sentenza in Appello e imposto la sola maternità di Ilaria, perché biologica, e un padre ignoto al posto dell’altra madre, quest’ultima nota e presente, Anna. 

Questo per dire che il riferimento a una sentenza, o a quella successiva che la ribalta, è possibile solo in nome di un vuoto legislativo colpevole, che se l’attuale governo non intende a ogni evidenza colmare, anche quello precedente ha esplicitamente ignorato non solo per ragioni di consenso elettorale, ma anche alla luce delle divisioni interne sul tema.

La questione, prima ancora di essere di destra o di sinistra, risiede cioè nel familismo anacronistico e ad oltranza con cui la politica continua a identificare un solo tipo di famiglia: mononucleare, composta da un padre, da una madre e da uno, due o, si auspica, più figli – per contrastare la denatalità ma conservando rigorosamente i valori eteropatriarcali su cui si basa tutto il nostro sistema sociale, che quindi è un sistema di oppressione.

La legge 40/2004 – che tuttora costringe le donne single, non sposate o in coppie lesbiche a rivolgersi all’estero per accedere alla fecondazione assistita – del resto, ci dice con evidenza che il problema per la politica non è la gestazione per altri, ma la possibilità stessa di concepire altri tipi di famiglia, che però esistono già, e che consegnate all’illegalità restano senza tutele e diritti; a partire proprio minori.

Servono leggi, non proclami di reati universali

Per quanto riguarda la stessa surrogazione di maternità, che di certo non può essere acriticamente salutata come diritto all’autodeterminazione, come invece in alcuni ambienti avviene senza troppa cognizione di causa, a maggior ragione necessita di leggi. Il proibizionismo – o la pretesa condanna della surrogazione di maternità a reato universale – non risolvono nulla: aprono, o meglio mantengono un vuoto normativo, laddove invece proposte di legge come quella presentata dall’Associazione Luca Coscioni per la gestazione solidale per altri vanno a normare una pratica, sottraendola alle logiche dello sfruttamento, della razzializzazione, della clandestinità e del privilegio economico.

Nell’incapacità delle leggi di tenere il passo della realtà delle famiglie mono o omogenitoriali, delle famiglie queer e di genitorialità sociali al di fuori dell’adozione (comunque non permessa al di fuori della famiglia eteronormata), sono evidenti l’imbarazzo, l’inadeguatezza e soprattutto la violenza delle istituzioni rispetto ai diritti affettivi, sessuali e riproduttivi, con conseguenze disastrose e dolorose.

Non è la prima volta, dicevamo, e non sarà l’ultima.

La retroattività anomala attuata dalla Procura di Padova crea un precedente, un nuovo riferimento legale nel vuoto pneumatico della legge, che suona come una promessa di una caccia alle streghe volta a negare l’identità, la storia e l’universo affettivo di molte famiglie italiane. 

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