Tracey Lindeman, autrice di BLEED: Destroying Myths and Misogyny in Endometriosis Care, pubblicato da ECW Press Ltd, riflette in un articolo sul Guardian come il dolore delle donne venga costantemente screditato.

L’autrice spiega che, dato che misurare il dolore è oggettivamente impossibile, i dottori hanno provato molte “scale del dolore” per rendersi conto di quanto stia soffrendo un paziente: la più diffusa è una tabella di emoticon dove per indicare la sofferenza peggiore è rappresentata una faccina molto accigliata, mentre in cima alla tabella c’è una faccina che sorride, ovvero nessun dolore.

Si chiama scala del dolore ed è tragicamente errata”, scrive Lindeman. “Io lo so bene: soffro di endometriosi, quindi conosco bene tutti i vari modi in cui i medici cercano di farvi misurare la sofferenza”.

La tabella delle emoticon non è l’unica scala del dolore utilizzata dai medici, esiste anche quella numerica da 1 a 10, ma a prescindere dal tipo di scala usata dal nostro medico la domanda rimane invariata: “come fa il medico a sapere come si sente il vostro 10?”, sottolinea Lindeman.

Soffrendo di endometriosi, Lindeman conosce bene il dolore. L’autrice descrive il dolore del suo ciclo mestruale come “un coltello spuntato che viene trascinato sulla parte più bassa dell’addome, segando avanti e indietro per squarciarmi”.

Lindeman aggiunge che cercare di spiegare tutto questo a una persona che non conosce il dolore da endometriosi in prima persona “è inutile. Un medico o un partner ha mai provato davvero un dolore come quello di avere i testicoli spinti nel retto e poi pinzati nell’intestino, non solo una volta ma più volte al mese, ogni mese?“, riflette.

Se i medici paragonano il dolore da endometriosi, o in generale i dolori cronici delle donne, a quello di altri pazienti “la scala del dolore diventa un tiro alla fune, una battaglia a chi soffre in modo più convincente”, dichiara Lindeman.

La soggettività dell’esperienza dei medici sul dolore, ovviamente, non è una scienza esatta e questo lascia molto spazio ai pregiudizi, dato che la maggior parte dei pazienti affetti da dolore cronico nel mondo sono donne.

 

A dare prova di questo è stato Jeffrey Mogil, un neuroscienziato della McGill University che da 30 anni studia le differenze di sesso nel dolore. Mogil ha spiegato a Lindeman in un’intervista che, secondo lui, le donne costituiscono la maggioranza dei pazienti affetti da dolore cronico a causa di una serie di fattori: primo, le donne sarebbero “più sensibili al dolore”; secondo, le donne “sono più suscettibili degli uomini alle malattie dolorose”; e terzo, le donne sarebbero “più propense ad andare dal medico”.

Lindeman conclude che, nell’immaginario collettivo e, purtroppo, anche in ambito medico, “il dolore delle donne è considerato meno intenso o grave di quello degli uomini”.

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