La settimana che volge verso la conclusione è stata quella della fase 2, ovvero un ritorno a una semi normalità per milioni di italiani. Su tutto il territorio nazionale è di nuovo concesso uscire per passeggiate e attività sportiva in solitaria. Ma nelle ultime ore si sta parlando molto della cosiddetta sindrome della capanna perché c’è anche chi non ha accolto con gioia il ritorno ai ritmi normali di qualche mese fa.

Dal 18 maggio in alcune regioni, presumibilmente, le misure anti-contagio verranno ulteriormente allentate. Dopo due mesi molto difficili, l’Italia si appresta a ripartire, con molta cautela.

Già dai primi giorni dalla pandemia molti psicologici furono concordi nell’affermare che oltre a quelle economiche, l’emergenza coronavirus avrebbe avuto anche significative conseguenze psicologiche sulla popolazione italiana.

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Tra queste c’è indubbiamente la cosiddetta sindrome della capanna. In estrema sintesi si tratta della paura di affrontare la vita precedente, dopo due mesi in cui, sostanzialmente, si è rimasti al riparo da molti problemi, piccoli e grandi, tra le sicure quattro mura domestiche.

Ne hanno parlato i presidenti della Sip Massimo di Giannantonio ed Enrico Zanalda. Gli esperti hanno spiegato che c’è una “quota consistente della popolazione” che ha paura di tornare alla vecchia vita e, contestualmente, ad adattarsi ai nuovi ritmi. Si parla di almeno un milione di italiani, dunque una persona ogni 60 circa.

In una fase iniziale, spiegano, tutto ciò è perfettamente normale, anche per le persone più equilibrate psichicamente. Ma la sindrome della capanna può diventare un vero e proprio problema se persiste per più di tre settimane.

“Se ci aggiungiamo anche la paura per il futuro, per la precarietà del lavoro, la preoccupazione per la situazione economica, allora possono svilupparsi veri e propri problemi mentali”, come depressione maggiore, ansia e attacchi di panico.

I due esperti consigliano di “affrontare le proprie paure” e se si intuisce che dopo qualche giorno la situazione non accenna a migliorare di rivolgersi a uno specialista. “Si tratta di disturbi noti e pertanto esistono dei trattamenti efficaci”.

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