«È il solstizio d’inverno e il pettirosso, amico dell’uomo, riposa sul manico di una zappa da giardiniere e canta. Di tutto l’anno è il momento peggiore quanto a lupi, ma la nostra bambina, decisa, non sente ragione, attraverserà il bosco». Sono le parole di Angela Carter, scrittrice femminista britannica che nel suo racconto La compagnia dei lupi, una rivisitazione di Cappuccetto Rosso, utilizza la metafora del solstizio d’inverno per parlare di un giorno magico, in cui tutto è possibile, il sublime così come l’orrore.

Che cos’è il solstizio d’inverno e quando cade

Il nome solstizio deriva dal latino, ed è il composto di «solem» e da «stare»: indica infatti il momento (o meglio, i due momenti) dell’anno, in cui il sole si ferma nel suo viaggio lungo l’eclittica (cioè il percorso apparente del sole intorno alla Terra assumendo quest’ultima come punto d’origine dell’osservatore). Il solstizio d’inverno cade il 21 dicembre ed è il giorno in cui i raggi del sole cadono perpendicolari al Tropico del Capricorno: dal 21 dicembre in poi il sole riprende il suo “cammino”, e i raggi saranno perpendicolari all’equatore durante l’equinozio di primavera mentre per il solstizio d’estate lo saranno al Tropico del Cancro. Questo significa anche che il 21 dicembre il sole è nel punto più lontano dall’emisfero nord della Terra e più vicino a quello sud: per questo è inverno da noi ed estate, per esempio, in Brasile o Australia. Il solstizio invernale è anche il giorno più breve dell’anno nell’emisfero nord, cioè quello in cui le ore di luce sono inferiori a qualunque altro giorno dell’anno solare.

Di tanto in tanto, il solstizio d’inverno cade il 22 dicembre. Come tutte le date che scandiscono il corso dell’anno solare (ma anche per le fasi lunari accade qualcosa di simile), l’anno di 365 giorni (o 366 nei bisestili) è una convenzione, che non tiene conto di secondi e minuti che vengono arrotondati per difetto nelle convenzioni del calendario. Significa che questi minuti e secondi si accumulano di anno in anno, e quindi il solstizio invernale non capita sempre nella stessa identica data, anche se, tendenzialmente, parliamo sempre del 21 dicembre.

I miti del solstizio invernale

Il solstizio invernale era noto fin dall’antichità, tanto che a Stonehenge nel Regno Unito e a Nabta Playa in Egitto, sono presenti dei megaliti che indicano il momento dell’anno in cui il sole è più alto nell’emisfero nord della Terra. Costruzioni non megalitiche si trovano invece nei luoghi in cui fiorirono le civiltà precolombiane. E gli aztechi, nel giorno del solstizio d’inverno offrivano al sole, considerato un guerriero, un sacrificio umano. Secondo le leggende delle popolazioni celtiche, raccolte nel succitato racconto di Carter, il solstizio invernale era il giorno in cui gli uomini potevano diventare licantropi.

I rituali antichi del solstizio invernale (e le loro tracce oggi)

Poco a ridosso del solstizio invernale, i cristiani festeggiano il Natale. Come molte date relative alla religione cristiana, anche questa è convenzionale: non è che Gesù Cristo sia nato davvero il 25 dicembre. La data fu scelta proprio perché a ridosso del solstizio, giorno in cui i pagani avevano altre ricorrenze e festività: si riteneva che in questo modo si sarebbero abituati presto a un nuovo culto in diffusione.

La principale di queste festività da cui si originò la data del Natale è quella del Sol Invictus, in vigore nel tardo Impero Romano. Si trattava di un dio, originato da altri miti come Helios o Apollo, e raffigurava naturalmente il sole. Va da sé che la luce del sole è stata poi assimilata alla luce degli insegnamenti di Gesù. Un’altra delle festività che ricorrevano in occasione del solstizio erano i Saturnali, dedicati, durante l’Impero Romano, al dio degli inferi Saturno, che per una settimana all’anno, a dicembre, camminava sulla Terra con piedi umani. La festa più vicina all’idea del viaggio del sole era infine Yule, che nel paganesimo germanico indicava la “ruota dell’anno” che si trova “al suo estremo inferiore”: ossia la giornata più corta.

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