La chiamano la ghiandola farfalla per la sua forma lobiforme, né manca un mal riposto romanticismo nei flyer dei reparti di endocrinologia che la ritraggono come un leggiadro lepidottero variopinto e attingono a definizioni poetiche tipo “la farfalla che governa il nostro corpo”.

Peccato che se sei seduta in un reparto a sfogliare quei volantini in attesa del tuo turno, in genere è perché la tua farfalla se n’è già bella che volata via, è rimasta con un’ala sola, o è leggiadra come un vecchio pachiderma ombroso.

Questa puntata non diventerà il mio memoir di donna che, da quando ha vent’anni, assume levotiroxina per compensare la pigrizia cronica della mia farfalla-elefante (ipotiroidismo). Non entrerò neppure nel dettaglio del percorso diagnostico, degli errori, del decorso della malattia, né delle conseguenze su altri aspetti psico-fisici.

Lo “spunto per riflettere il presente” di questa puntata di Prisma è la frase che più di un medico ha detto anche a me: un refrain che le donne con patologie tiroidee si sentono ripetere come un disco rotto.

Allo stesso modo, i dati che seguono raccontano anche la mia esperienza.

Se lo preciso, è solo per annotare che statistiche e percentuali non sono mai numeri freddi, ma persone. Ricordiamocelo, magari.

La tua tiroide è compensata, tutti gli esami vanno bene.
Non c’è alcuna ragione per cui tu possa sentirti così stanca!
Sarai solo un pò sotto stress, demotivata, esaurita, depressa.
Sorridi alla vita, dormi regolare, fai un po’ di sport.
I problemi sono altri.
È tutto solo nella tua testa!

La tiroide e le donne: i numeri e gli studi

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia, le malattie tiroidee colpiscono circa 6 milioni di persone: l’80% di queste sono donne.

Nonostante il trattamento con levotiroxina corregga i livelli ormonali nella maggior parte dei casi, un’analisi della British Thyroid Foundation (2024) suggerisce che molte donne con ipotiroidismo compensato continuano a sperimentare una qualità della vita ridotta e a soffrire di sintomi debilitanti come stanchezza cronica, difficoltà di concentrazione e debolezza muscolare.

L’American Thyroid Association ha rilevato che ben il 60% delle donne con ipotiroidismo sperimenta sintomi simili di affaticamento anche dopo il trattamento.

Molte di queste pazienti dichiarano altresì che i medici spesso non prendono sul serio le loro sofferenze, con la conseguenza che le donne si trovano a gestire da sole un sintomo invisibile, che compromette la loro capacità di lavorare, curare le relazioni familiari e vivere una vita piena.

Malattie della tiroide e gender health gap

Nulla di nuovo, per le donne.

Il gaslighting medico – cioè la manipolazione basata sulla sottovalutazione dei sintomi fisici da parte di professionisti sanitari – rispetto alla stanchezza cronica nelle donne con problemi di tiroide rientra nel più ampio gender health gap, ovvero la disparità di attenzione che viene riservata alla salute delle donne rispetto a quella degli uomini.

Secondo l’OMS, le donne tendono a essere meno ascoltate quando riportano sintomi che interferiscono con la loro qualità della vita quotidiana, spesso ridotti a questioni psicologiche o “nervose”.

Questo pregiudizio di genere, fa sì che le donne sperimentino disparità nelle fasi di diagnosi, trattamento e persino ricerca rispetto agli uomini.

Restiamo sui dati, che poi… sono persone!

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Women’s Health, le donne:

  • attendono in media il 16% in più degli uomini per ricevere una diagnosi corretta dopo la presentazione dei sintomi iniziali per condizioni come malattie cardiache e autoimmuni;
  • sono più inclini a vedere i loro sintomi minimizzati o associati a cause psicologiche: in uno studio del 2019 su pazienti con dolore cronico, il 62% delle donne ha riportato di sentirsi non presa sul serio dai medici rispetto al 38% degli uomini​.

Nell’ambito delle malattie autoimmuni, tra cui la tiroidite di Hashimoto, il divario è particolarmente pronunciato:

le donne rappresentano circa il 75-80% dei casi diagnosticati, ma ricevono spesso trattamenti meno mirati e tardivi.

La mancanza di studi clinici specifici sulle differenze di genere e la storica esclusione delle donne dagli studi medici rappresentano uno dei fattori principali alla base di queste disparità.

Con il risultati che sono ancora troppo pochi e poche i medici e le mediche che prendono in considerazione protocolli di terapie e benessere combinati.

No, questo pezzo non contiene cure

(non sarebbe il posto corretto in cui trovarle, peraltro).
Però una risposta la dà:

Non è tutto nella nostra testa!
Ché le ricerche e i numeri – che siamo noi! – possano ricordarcelo, ogni volta che delegittimeranno il nostro dolore e cercheranno di convincerci del contrario.

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