"Un tempo erano le donne coi pantaloni a far ridere": Stefano Ferri e la vita da crossdresser

Lo scrittore crossdresser Stefano Ferri ha raccontato l'ennesimo episodio in cui è stato deriso perché indossava la gonna. E ha risposto ricordando che, un tempo, erano le donne che volevano indossare i pantaloni a essere considerate "ridicole".

Stefano Ferri è uno scrittore e, per sua stessa definizione, come si evince da bio Instagram, un “marito e padre crossdresser“. Che, in virtù di ciò, si scontra spesso e volentieri con quelli che sono il frutto di retaggi culturali assai difficili da smaltire, ovvero i pregiudizi legati al fatto che sia un uomo che va in giro vestito con gonne e tacchi a spillo.

Non una cosa unica nel suo genere, a dirla tutta: il web ad esempio ha parlato spesso di Mark Bryan, ingegnere specializzato in robotica che dagli States è volato in Germania e ha fatto di tailleur, camicette e gonne longuette il suo look quotidiani, ma anche il designer danese Klaus Vemmer, in arte Laurentin Cosmos, indossa spesso tacchi a spillo.

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Ciononostante, la società sembra ancora non essere in qualche modo “pronta” a metabolizzare l’idea di uomini che non indossano i pantaloni e, nel caso di Ferri, questa arretratezza mentale è stata banalmente esposta attraverso risatine e scherni, come recentemente raccontato dallo stesso autore, in merito a un episodio  – non il primo della serie – capitatogli mentre si trovava in metro.

Sto aspettando il treno nella banchina semideserta quando noto una signora in maglietta e pantaloni scrutarmi con sarcasmo – scrive Ferri – Niente di diverso da quello cui sono abituato se non che costei a un certo punto scoppia a ridere.
Nemmeno le risate sguaiate al mio indirizzo sono una novità. Solo che stavolta non ci vedo più e mi avvicino a lei.
La guardo con pari sarcasmo e aspetto che la smetta. Smette in fretta, non aveva considerato che avrei preso il toro per le corna.
«Un tempo», le sussurro mentre mi guarda basita, «erano le donne in pantalone a suscitare questa reazione negli uomini, e oggi siamo unanimi nel ritenere quegli uomini imbecilli».
Pausa scandita ad arte. Sono in forma.
«Pensi quanta gente, in futuro, darà dell’imbecille a lei»

Non è la prima volta che Ferri ricorda che un tempo erano proprio le donne a essere derise se avevano la “velleità” di voler indossare i pantaloni; in diversi post lo scrittore rimarca questo fatto, evidenziando come fra le cose non esista alcuna differenza.

Le ragioni di Ferri, del resto, sono tutte legittime: basti pensare alle lotte di donne come Rosa Bonheur o di Helen Hulick, ad esempio, per ricordare quanto fino a pochi decenni fa – non parliamo di secoli – alle donne fosse inviso presentarsi in pubblico indossando dei pantaloni, definiti dalla scrittrice Liala come “un torto alla femminilità“.

All’epoca, quindi, accettando la definizione di crossdresser come di “persona che si veste con abiti tipici del sesso opposto” (come scritto nel nostro articolo, anche le donne che volevano indossare altro rispetto alla gonna erano considerate delle crossdresser, fino a quando i pantaloni non sono diventati un capo unisex.

Peraltro, dietro l’immagine di un uomo in tacchi o in gonna e, più in generale, del crossdresser (su cui esiste ancora moltissima confusione, tanto che spesso si riduce al termine di “travestito”) si nasconde un’associazione di idee fin troppo scontata e banale, quella con il suo orientamento sessuale. Che non è assolutamente fondata, e, ancora una volta, si radica solamente su una divisione per comparti stagni delle persone e del loro ruolo sociale sulla base del genere.

Se le donne hanno dovuto aspettare almeno fino agli anni ’70 per vedersi riconosciuto il “diritto” a indossare i pantaloni, e di fatto questo ha rappresentato una conquista in termini di emancipazione, la domanda è quanto tempo ci vorrà affinché lo stesso sdoganamento avvenga per gonne e tacchi utilizzati dagli uomini. Soprattutto, c’è da chiedersi in realtà se avverrà mai o resterà sempre un’utopia soffocata da anni di esercizio al machismo e di mascolinità tossica le cui prime vittime sono, spesso, proprio le donne.

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