La storia dimenticata di Lorenzo Perrone, che lavorava ad Auschwitz e che salvò Primo Levi

I due, pur avendo estrazione sociale completamente diversa, hanno stretto un grande rapporto: Perrone ha aiutato lo scrittore a comunicare con la sua famiglia quando era prigioniero ad Auschwitz.

Sulla base dei calcoli effettuati dallo United States Holocaust Memorial Museum sono state tra i 15 e i 17 milioni le persone che hanno perso la vita come risultato diretto dei processi di “arianizzazione”. A portarli avanti è stato il regime nazista tra il 1933 e il 1945. Tra quelli che sono riusciti a sopravvivere c’è Primo Levi , che era stato deportato ad Auschwitz. Il suo libro, Se questo è un uomo, è ancora oggi considerato una delle testimonianze più forti di quello che accadeva nei campi di concentramento, al pari di molte altre opere che hanno raccontato l’orrore dei lager, quali Il diario di Anna Frank e quello di Etty Hillesum, ritrovato solo molti anni dopo la sua morte.

La storia dello scrittore è però strettamente legata anche a quella di Lorenzo Perrone, nonostante il suo nome sia oggi noto a pochissime persone. Perrone era un uomo di estrazione sociale e cultura totalmente diversa da quella di Levi, ma se quest’ultimo è riuscito a farcela è proprio per quanto fatto da quello che è poi diventato un amico.

Lorenzo Perrone era nato nel 1904 a Fossano, in provincia di Cuneo, e si era guadagnato il poco nobile soprannome di Tacca, in riferimento al suo carattere tutt’altro che tranquillo, che spesso lo portava a litigare con gli altri. Pur avendo famiglia e parenti, non ha mai amato i legami troppo oppressivi e non ha esitato a varcare il confine con la Francia, anche in modo clandestino, quando aveva necessità di lavorare.

Nel 1940 il piemontese, in seguito all’invasione tedesca e italiana, viene fatto prigioniero e liberato solo alla resa dei francesi. A quel punto inizia a lavorare con la ditta Beotti, che stipula un accordo la I.G.Farben. Grazie a questo viene inviato ad Auschwitz insieme ad altri italiani per realizzare opere di muratura necessarie per ampliare il lager. L’alleanza stabilita tra Germania e Italia non era solo di natura bellica, ma consisteva anche nell’invio di dipendenti in grado di dare il loro contributo ai lavori e chi era arrivato sul posto prima del 1943 poteva essere considerato una combinazione tra l’ostaggio e il lavoratore coatto, senza alcuna possibilità di tornare in patria. A loro è impedito dare qualsiasi tipo di aiuto a chi si trova nei campi per evitare che dall’esterno possano venire a conoscenza delle camere a gas.

Ed è nel cantiere di Monowitz che nel 1944 Perrone riesce a incontrare Primo Levi, che si trovava a lavorare come ebreo deportato.

La sofferenza dei prigionieri lo aveva colpito particolarmente, al punto tale da spingerlo a raccogliere gli avanzi del cibo dei suoi colleghi e a portarli loro ogni sera. Ma è certamente con Levi che ha stretto il suo rapporto più importante, arrivando a scrivere due lettere ai suoi familiari che si trovavano in Italia con l’obiettivo di rassicurarli e dire loro che era ancora vivo.

Una volta tornato a piedi da quel luogo, Perrone si è poi lasciato andare, devastato da quanto aveva avuto davanti agli occhi, come ha scritto proprio Levi. I due hanno però continuato a vedersi fino alla fine, a conferma del bel legame che erano riusciti a costruire nonostante le difficoltà. “Mi ha portato ogni giorno della zuppa che era fondamentale, serviva a compensare il deficit di calorie. Lui raccoglieva gli avanzi di cucina e me li portava”, era stato il ricordo di Levi, a conferma di come gli sia rimasto nel cuore.

Ora è lo scrittore Carlo Greppi a voler raccontare la storia di Perrone in un libro dal titolo Un uomo di poche parole, convinto di come sia importante ricordare il suo sacrificio e la volontà di spendersi per chi era in difficoltà.

Un uomo di poche parole. Storia di Lorenzo, che salvò Primo

Un uomo di poche parole. Storia di Lorenzo, che salvò Primo

Carlo Greppi ci fa scoprire la storia di Lorenzo Perrone, che contribuì al salvataggio di Primi Levi nel campo di concentramento di Auschwitz.
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