"Uccise nostra mamma, ora vuole la salma". 'L'amarezza dei fratelli Pasquale e Annamaria Guadagno orfani di femminicidio

I due fratelli, di 27 e 31 anni, da anni lottano perché vengano rispettate le volontà della madre, Carmela Cerillo, uccisa nel 2010. Entrambi non si sentono tutelati dallo Stato.

Essere orfani di femminicidio cambia drasticamente le proprie prospettive di vita. Oltre alla perdita della mamma ci si ritrova infatti a dover gestire un rapporto incrinato con il papà, che può rompersi per sempre. Questa è la storia di Pasquale e Annamaria Guadagno, rispettivamente 27 e 31 anni, i figli di Carmela Cerillo uccisa nel 2010 dal marito Salvatore a Feletto Umberto (Udine). Ora l’uomo sta concludendo la sua pena, ma avrà modo di decidere del destino della loro mamma.

Guadagno era stato infatti condannato con rito abbreviato e l’attenuante della gelosia a 18 anni, di carcere, poi diventati, per buona condotta 13, per questo ora che potrà tornare libero avrà la facoltà di prendere decisioni che non sono per niente gradite ai suoi figli.

Un anno e mezzo fa io e mia sorella abbiamo deciso di dare seguito alle volontà di nostra madre – ha detto Pasquale Guadagno al Corriere della SeraLei non voleva restare qui a Udine, ma avrebbe voluto essere sepolta, un giorno, con la famiglia a Napoli. Abbiamo iniziato a informarci e abbiamo scoperto che non abbiamo alcun diritto perché, per la legge, lui a oggi è ancora il vedovo e, di conseguenza, può decidere sul suo corpo. Senza la sua autorizzazione scritta non possiamo fare nulla”.

I due fratelli ritengono davvero inammissibile quanto previsto dalla legge, che non può che aggravare il dolore per avere perso la mamma, a opera di chi avrebbe dovuto condividere la vita con lei: “Così ci siamo rivolti al Comune di Tavagnacco (Udine), che ci ha dato una carta da far firmare a nostro padre – ha detto ancora Guadagno – Obbligati da questo sistema, siamo dovuti tornare in carcere, dopo anni che non lo vedevamo (l’ultima volta che l’ho visto mi ha minacciato di morte), ma lui non ha mai firmato”.

Dal carcere Salvatore Guadagno avrebbe manifestato l’intenzione di cremare la donna con cui era sposato e che lui ha uccisa, così da tenere le ceneri con sé in casa.

Il periodo successivo alla morte della donna è stato davvero pesante per il primogenito, che era stato affidato ad alcuni parenti del padre, che finivano per spingerlo a dover fare visita in carcere al genitore contro la sua volontà. A 17 anni però lui ha deciso di ribellarsi ed è andato a vivere dalla sorella.

Il giovane non nasconde di essere perplesso per lo scenario che sta per verificarsi, che non tutela i parenti delle vittime di femminicidio: “Non sono spaventato dal fatto che mio padre esca dal carcere, quello che mi spaventa è come uno Stato possa permettere a un uomo così visceralmente malato di ritornare in libertà senza un percorso di redenzione” – ha detto ancora.

Maria Domenica Castellone, vicepresidente del Senato, si è dimostrata interessata alla storia dei due ragazzi, per questo  ha invitato il 27enne a condividere la sua esperienza e le sue proposte per migliorare la legge a tutela degli orfani di femminicidio.

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