Olena Yahupova è una donna ucraina, lavoratrice nell’amministrazione locale della sua città, catturata dalle forze armate russe nella città ucraina di Enerhodar lo scorso ottobre, che ha passato 5 mesi da incubo prigioniera dei soldati russi.

Al Guardian la donna ha raccontato che dei vicini che conosceva avevano detto alla polizia segreta dell’FSB che suo marito era un ufficiale militare ucraino. Dopodiché è stata catturata e per due giorni la polizia segreta russa l’ha torturata, per poi farla prigioniera per cinque mesi, tra detenzione e lavori forzati, durante i quali, ha spiegato, ha dovuto anche recitare in falsi filmati giornalistici.

C’era una totale assenza di qualsiasi fonte di legge, facevano quello che volevano”, ha detto Olena Yahupova, descrivendo la situazione in città dopo che la Russia “ha gradualmente costruito questa macchina di repressione” volta a liquidare l’opposizione e a cercare di costringere i locali a collaborare.

Enerhodar era una città di 53.000 abitanti prima della guerra, sito della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa. Un obiettivo chiave degli invasori russi, che l’hanno conquistata all’inizio di marzo 2022.

Mi hanno legato le mani alle caviglie”, ha confidato la donna parlando del suo arresto, aggiungendo di essere stata colpita alla testa con una bottiglia di plastica piena. La donna ha anche spiegato che “un tizio ti teneva il collo, un altro ti pizzicava il naso”, mentre le chiedevano senza successo di rivelare la posizione del marito o di dare i nomi di altre persone con legami militari in città.

Olena Yahupova ha raccontato che le hanno avvolto il collo con un filo di ferro e poi le hanno puntato una pistola alla fronte. “Prima di farlo, lo annunciavano”, ha sottolineato, spiegando che in questo modo i russi riuscivano a fare ancora più paura ai prigionieri, che sapevano cosa li attendeva.

Yahupova ha detto che le violenze erano opera di una squadra di cinque o sei agenti dell’FSB. “Uno per uno, facevano queste cose. Si divertivano a farlo”, ha dichiarato. “Non avevo nemmeno il tempo di urlare… non c’era tempo per pensare…”

Dopo due giorni le torture si sono interrotte, e un ufficiale superiore le ha detto che non vedeva “alcun crimine qui”, ma è stata trattenuta in una cella insieme a 15 persone. I detenuti dormivano sul pavimento durante l’inverno e in alcuni giorni non veniva fornito loro cibo.

Un giorno, ha raccontato la donna, un ufficiale dell’FSB ha chiesto a Yahupova di apparire in un telegiornale russo per lamentarsi dei presunti bombardamenti ucraini. “Ha minacciato di spararmi”, ha raccontato la donna, se non avesse obbedito. Il servizio è ancora presente sul canale Telegram di RIA Novosti.

Definita dagli ufficiali “impossibile da rieducare”, Yahupova è stata trasferita vicino alla linea del fronte, nei pressi di Vasylivka, in mano ai russi. “Ci hanno consegnato ai militari e se ne sono andati, ci hanno detto che era ora di lavorare per la Federazione Russa. Ci hanno fatto scavare trincee per due mesi nel gelo”, ha aggiunto, dicendo che scavavano dall’alba al tramonto sotto la supervisione di militari armati. “Una specie di gulag moderno”.

La liberazione di Olena Yahupova è avvenuta dopo che un altro prigioniero è riuscito a convincere un soldato a prestare loro un telefono per poter chiamare i parenti, che hanno subito attuato un intervento: una squadra li ha portati a Melitopol, dove alti ufficiali russi hanno detto che poteva andare, riconoscendo che il suo lavoro forzato era illegale.

Yahupova è tornata in Ucraina, a Zaporizhzhia, dove ha firmato “per essere arruolata nell’esercito”, e per festeggiare rinnovando i voti nuziali in chiesa con il suo compagno.

Olena Yahupova ha sottolineato che il suo caso è solo uno dei tanti crimini di guerra: “Credo che ora ci siano altre persone che stanno scavando quelle trincee, e per quanto riguarda i lavoratori della centrale nucleare con cui ero a gennaio, temo il peggio”.

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