Dal 15 settembre, in Ungheria, sarà attivo il decreto secondo cui il personale sanitario sarà obbligato a far sentire il battito cardiaco del feto, o in generale mostrare un segno delle funzioni vitali, alle pazienti che intendono abortire.

Come riporta la stampa, il personale sanitario e gli ostetrici saranno anche obbligati a produrre un documento che attesti di aver svolto questo passaggio: senza il documento, la paziente non potrà accedere all’interruzione di gravidanza.

Il decreto del ministero dell’Interno pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ungherese prevede, in particolare, l’obbligo per i medici di presentare alle donne la prova “chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto“. L’esecutivo è stato guidato da Viktor Orban e firmato dal ministro dell’Interno Sandor Pinter.

Viktor Orban, in carica dal 2010, ha ribadito alla stampa che il tema del calo delle nascite in Ungheria è diventato uno dei più urgenti per il governo, che afferma l’innalzamento dei valori della cosiddetta “famiglia tradizionale” e già nel 2019 aveva introdotto una legge che esentava tutte le donne con più di quattro figli dal pagamento delle tasse.

Dora Duro, deputata del partito di estrema destra Our Homeland Movement, ha mostrato il suo sostegno alla nuova legge in un post su Facebook: “Almeno per alcuni secondi, il bambino in età fetale potrà essere ascoltato dalla madre prima che venga eseguito l’aborto“.

Duro ha aggiunto che la legge pro aborto ungherese “non è scolpita nella pietra in un Paese cristiano degno di questo nome. Scriviamo la storia!“, ha concluso, ringraziando le organizzazioni pro-vita per il loro sostegno.

In Ungheria l’aborto è legale dal 1953 e le leggi riguardo a esso sono rimaste quasi invariate da allora. La legge prevede che si possa abortire in quattro casi: gravidanza in conseguenza di un reato o violenza sessuale, pericolo per la salute della donna, embrione con handicap fisico grave e situazione sociale insostenibile della donna.

Il nuovo decreto è stato definito dalla divisione ungherese di Amnesty Internationalun preoccupante passo indietro“. Il portavoce di Amnesty International Aron Demeter ha dichiarato ad Afp che questa nuova crociata contro l’aborto renderà “più difficile l’accesso all’aborto” e “traumatizzerà più donne già in situazioni difficili“.

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