Nelle stesse ore in cui i conservatori vogliono obbligare le donne a fare figli – cancellando la sentenza che rende legale l’aborto – molti genitori letteralmente non sanno come nutrire i propri figli neonati. Sembra un assurdo paradosso, invece è quello che sta avvenendo in questo momento negli Stati Uniti, dove da novembre dello scorso anno la carenza di latte artificiale si è aggravata di giorno in giorno, dando vita a una vera e propria crisi nazionale con scaffali vuoti e genitori disperati che guidano, a volte per ore e ore, per poter trovare la «formula» – questo il nome anglosassone – con cui dare da mangiare ai piccoli affamati.

La scarsità di latte artificiale è stata scatenata principalmente da due fattori. Da un lato, c’è l’incapacità del mercato di rispondere a una domanda in crescita dopo una riduzione della produzione che ha seguito le grandi scorte fatte in pandemia. Dall’altro, la regolamentazione della Food and Drug Administration, che vieta l’importazione di prodotti che non abbiano determinate caratteristiche di etichettatura (come quelli europei, che però secondo uno studio rispetterebbero i requisiti nutrizionali della FDA e sotto alcuni aspetti sarebbero migliori, perché privi di zucchero) e limita fortemente l’importazione anche di quei prodotti che rispondano alle caratteristiche richieste, con tassazioni fino al 17,5%. A questa si aggiunge l’United States-Mexico-Canada Agreement (USMCA), un accordo commerciale negoziato dal presidente Trump che scoraggia le importazioni anche dal Canada.

Ad aggravare fortemente la crisi è stato però il ritiro volontario dal mercato di tre tipologie di latte artificiale (Similac, Alimentum e EleCare) dell’azienda Abbott Nutrition nel febbraio 2022 a causa della possibile presenza d Cronobatteri – che possono causare infezioni gravi e potenzialmente letali come sepsi o meningiti – che ha portato all’ospedalizzazione di 4 bambini e alla morte di due neonati che avevano contratto un’infezione dopo aver mangiato latte contaminato.

A impedire un adeguato rifornimento, infine, sono stati anche problemi incessanti della catena di approvvigionamento e carenza di manodopera. Una ricerca di Datasembly citata dal New York Times ha rilevato che il tasso nazionale di esaurimento delle scorte di latte artificiale ha raggiunto il 43% nella prima settimana di maggio, in aumento del 10% rispetto alla media del mese precedente.

La carenza è particolarmente acuta per i bambini che necessitano di formule speciali per affrontare allergie, problemi gastrointestinali o disturbi metabolici, come quelle ritirate dal mercato in febbraio. Per questo, il 16 maggio la FDA ha dichiarato di aver trovato un accordo con Abbott Nutrition per la fornitura caso-per-caso di prodotti specifici e di aver adottato

ulteriori misure per aumentare le forniture di latte artificiale. La FDA ha emesso una guida ai produttori di alimenti per lattanti per annunciare l’intenzione dell’agenzia di esercitare temporaneamente la discrezionalità dell’applicazione, caso per caso, per determinati requisiti che si applicano agli alimenti per lattanti. Questa azione è progettata per aumentare le forniture di alimenti per lattanti negli Stati Uniti proteggendo al contempo la salute dei lattanti, per i quali il latte artificiale è spesso l’unica fonte di nutrimento durante un periodo critico di crescita e sviluppo.

Online, i venditori privati stanno alzando i prezzi, commercializzando latte artificiale al doppio o il triplo del prezzo normale e molti grandi rivenditori hanno esaurito le scorte. Nel frattempo, genitori arrabbiati e spaventati guardano i loro figli affamati e, disperati, cercano ricette di latte artificiale fatte in casa, che qualche buonintenzionato propone anche nei commenti su Twitter alle persone che lamentano di non trovare cibo per i propri figli.

crisi latte artificiale stati uniti
Fonte: @thehills on Twitter

Gli esperti hanno messo in guardia da queste ricette fai-da-te, ricordando che possono mancare di nutrienti vitali o presentare altri pericoli, ma chi non sa cosa dare da mangiare ai propri bambini potrebbe decidere di ignorare queste raccomandazioni, così come quelle che ricordano di non annacquare il latte artificiale «perché può portare a uno scarso equilibrio nutrizionale e creare seri problemi».

Come era purtroppo prevedibile – profondamente sbagliato ma non sorprendente –  a pagare la crisi sono le persone meno abbienti e i ceti più deboli. Anche se la mancanza di latte artificiale sta mettendo a dura prova le famiglie in tutto il paese, infatti, c’è ovviamente chi può permettersi di spendere fino a 120$ a confezione su eBay per nutrire i propri figli e chi non può, e deve combattere per poterli sfamare.

Ma non solo: in un paese dove in cui il razzismo sistemico è una realtà, la crisi è particolarmente acuta in alcune zone. Come San Antonio, una città a maggioranza latina nel Texas meridionale che ha visto il più alto tasso di carenza di latte della nazione – il 56% delle forniture normali era esaurito già all’inizio del mese – e nei cui negozi, dice il New York Times, la crisi è «palpabile»:

molte madri non hanno l’assicurazione sanitaria e lavorano con lavori a basso salario che danno loro poche opportunità di allattare. In tutta la città, i corridoi degli alimenti per l’infanzia sono quasi vuoti e le agenzie senza scopo di lucro stanno facendo gli straordinari per mettere le mani su nuove forniture.

Chi non pensa minimamente a come le condizioni socioeconomiche delle famiglie influiscano sulla possibilità di nutrire – ricorrendo al latte artificiale o allattando – i propri figli, è chi di fronte a una crisi come quella che sta vivendo un intero paese si limita a rispondere: «Qual è il problema, non possono semplicemente allattarli?».

Spesso, sono le stesse persone che si battono perché l’aborto venga reso illegale, dimostrando che chi vuole legiferare sul corpo delle donne nella maggior parte dei casi ne ignora completamente il funzionamento. Le stesse persone che vogliono forzare le donne a portare a termine una gravidanza e a dare il bambino in adozione, fingono di dimenticare che questi bambini saranno quasi certamente nutriti con latte artificiale, a dimostrazione che non è nell’interesse dei bambini che parlano.

Non solo però solo i pro-life a indicare come panacea di questa situazione il ritorno all’allattamento al seno, ignorando che ci sono moltissimi motivi – non ultimo il dolore fisico o psicologico che l’allattamento può portare con sé – per cui il latte artificiale è indispensabile per i lattanti e che, soprattutto, la produzione di latte materno non è un rubinetto che può essere aperto a richiesta e che una volta che l’allattamento al seno è stato abbandonato non è possibile riattivarlo alla bisogna.

Non solo: chi dice di «stringere i denti» e allattare non considera un aspetto che passa spesso in secondo piano quando si parla di allattamento. Che richiede non solo energie ma, soprattutto, tempo, moltissimo tempo, in particolare nei primi mesi di vita: tra le 17 e le 20 ore a settimana nei primi sei mesi. Un tempo difficilmente conciliabile con i ritmi della vita lavorativa.

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Se questo rappresenta una sfida in moltissimi paesi, lo è a maggior ragione negli Stati Uniti, in cui si vogliono obbligare le donne ad avere figli ma non solo non esiste la sanità pubblica, ma non è presente nemmeno il congedo di maternità retribuito. Il 25% delle madri (una su quattro) tornano al lavoro dopo sole due settimane dal parto, spesso con pochissime o nessuna possibilità di poter tirare il latte sul posto di lavoro. Un fattore che sicuramente influisce sul fatto che, dice l’Unicef, «nei soli Stati Uniti vive quasi un terzo dei 2,6 milioni di nuovi nati che non vengono mai allattati al seno nei Paesi ad alto reddito».

Non sorprende, quindi, che se quasi l’85% delle madri avvia l’allattamento, il tasso di bambini allattati esclusivamente al seno come da indicazioni dell’OMS diminuisca rapidamente nelle settimane dopo il parto: a tre mesi sono circa il 46%, a sei poco più del 25%, con tassi ancora più bassi per le minoranze etniche.

Del resto, allattare è un investimento non solo in termini di tempo, ma anche economici: secondo uno studio dal provocatorio titolo L’allattamento al seno è davvero gratuito?, le donne che allattano a lungo hanno infatti un reddito minore nei primi cinque anni di vita dei figli rispetto alle madri che utilizzano il latte artificiale, perché rimangono più a lungo senza lavorare o lavorano per meno ore.

Allo stesso modo, chi posta su Twitter immagini di scaffali semi-vuoti dicendo «vedete, ci sono ancora prodotti, perché non comprate questi?» o screenshot che mostrano come i prodotti siano acquistabili su piattaforme come Amazon Prime non sa, o finge di non sapere, che alcuni bambini hanno delle specifiche necessità per cui non possono mangiare semplicemente “quello che passa il convento” e che, per quanto possa sembrare strano a chi non guarda fuori dalla bolla del proprio privilegio, non solo molte famiglie non hanno Amazon Prime, ma non hanno nemmeno i dispositivi e l’educazione digitale per cercare alimenti su Internet e che per loro accedere ai prodotti attraverso i negozi fisici è l’unica possibilità.

La crisi del latte artificiale negli Stati Uniti non ha messo solo in evidenza i rischi della dipendenza da pochi grandi fornitori – i grandi player sono 3 e la sola Abbot occupa il 43% del mercato – e della resistenza lobbista all’introduzione sul mercato di prodotti non americani, ma anche, ancora una volta, quanto tutti pretendano di mettere bocca sull’allattamento ignorandone però persino il funzionamento basilare.

Ancora una volta, genitori spaventati e abbandonati invece di ricevere il giusto sostegno devono addossarsi anche le critiche e i giudizi di chi pensa che «basta attaccare il bambino al seno» per nutrirlo, quando invece servono informazioni accurate, supporto ai neogenitori, politiche e supporto a livello statale e un’adeguata possibilità di accesso al latte artificiale per chi non può o non vuole allattare al seno.

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