Yael Cohen Aris ha 25 anni, è israeliana ed è una modella e influencer molto seguita su Instagram, dove conta più di un milione di follower. La ragazza, però, è stata protagonista di una vicenda tanto bizzarra quanto spregevole: un’azienda cinese che produce bambole per il sesso ha utilizzato la sua immagine e la sua identità per uno dei propri prodotti.

Il tutto, ovviamente, senza il suo consenso. Ne ha parlato in un’intervista al programma televisivo The Morning, andato in onda il 10 gennaio.

La bambola in questione ha esattamente lo stesso aspetto della modella, nei minimi dettagli, tanto che è stato riprodotto anche un neo che la ragazza ha sotto il labbro inferiore, considerato il suo marchio di fabbrica. Ma non solo l’aspetto. Alla bambola è stata data anche l’identità dell’influencer: l’azienda ha infatti deciso di chiamarla Yael. Un episodio gravissimo secondo Yael Cohen Aris (e non solo secondo lei), che ha intenzione di denunciare la ditta, intraprendendo un’azione legale.

“Non ho nulla contro l’industria delle bambole del sesso, ma il problema è che l’hanno fatto senza il mio consenso e a mia insaputa. Inoltre è doppiamente sbagliato perché è collegato alla mia identità. Non è solo una bambola che mi assomiglia o si ispira a me, non hanno mai nascosto il fatto che è stata sviluppata da me”,

ha detto la modella a The Morning, raccontando poi di essersi imbattuta, addirittura, in diversi forum online in cui le sue fotografie venivano utilizzate per promuovere la bambola che tanto le somiglia. Una scoperta, questa, che l’influencer ha fatto nel 2019, ma contro cui sta lottando ancora oggi, come ha spiegato durante la trasmissione. La bambola, infatti, viene tutt’ora venduta, e l’obiettivo principale di Yael Cohen Aris è fare in modo che venga tolta dal commercio.

“Penso che prima di tutto dovrebbe uscire dagli scaffali e poi magari potremmo parlare di come le cose sono andate storte e perché. Non sto parlando di compenso, penso che imparare una lezione da questo sarebbe la cosa migliore per uscire da questa storia”.

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