Il 19 giugno è il Juneteenth. Cos’è, e chi è Opal Lee

Dal 2021 il 19 giugno è festa nazionale negli USA. Si celebra il Juneteenth, che ricorda la fine della schiavitù per gli afroamericani. Una ricorrenza che è stata riconosciuta solo dopo molti sforzi, grazie anche al lavoro di Opal Lee.

Il 19 giugno è una data molto importante per la comunità afroamericana (e non solo), che tuttavia è stata ufficialmente riconosciuta solo il 17 giugno 2021 con una legge, la Juneteenth National Independence Day, firmata dal presidente Joe Biden.

Juneteenth – da june, giugno, e nineteenth, diciannove – celebra infatti la fine della schiavitù negli Stati Uniti d’America, avvenuta nel 1865, quando i soldati dell’Unione giunti a Galveston, in Texas, annunciarono la fine della guerra civile e l’abolizione della schiavitù.

La ricorrenza viene celebrata da oltre 150 anni all’interno della comunità afroamericana, ma come detto solo nel 2021 è diventata festa nazionale degli USA, grazie anche ai numerosi moti di protesta portati avanti dal movimento Black Lives Matter dopo la morte di George Floyd, diventato il simbolo dell’indignazione e delle rivolte antirazziste.

In realtà però un’altra figura ha contribuito notevolmente ad accendere i riflettori su Juneteenth e sull’importanza della sua celebrazione: parliamo di Opal Lee, oggi novantaseienne, candidata al Premio Nobel per la pace 2022 proprio in virtù del lavoro di attivismo svolto affinché la ricorrenza venisse riconosciuta unanimemente nel suo Paese.

La figura di Opal Lee

Classe 1926, Opal Lee nella sua vita è stata un’insegnante, una consulente, ma soprattutto un’attivista per i diritti degli afroamericani, e come detto ha offerto un contributo fondamentale affinché il Juneteenth venisse riconosciuto come festa nazionale.

Cresciuta nel quartiere di Fort Worth, in Texas, a maggioranza bianca, a soli dodici anni vide la sua casa devastata da un incendio appiccato da un gruppo di circa cinquecento suprematisti bianchi; fu lì che si sviluppò in lei il desiderio di fare qualcosa per la sua gente, in un’epoca in cui la segregazione razziale era legge e il Ku Klux Clan operava indisturbato.

Nel 2016, a 89 anni, Lee ha percorso a piedi la distanza che separava la sua casa da Washington D.C. per riportare l’attenzione proprio sul Juneteenth e la necessità di renderlo una ricorrenza celebrata a livello nazionale. Anche grazie a questo gesto, culmine di una lotta durata quarant’anni, i membri del Congresso del Texas hanno deciso di candidarla al Nobel per la Pace 2022, con questa motivazione, inviata al Comitato norvegese del prestigioso premio:

Nominiamo rispettosamente la signora Opal Lee a ricevere il Premio Nobel per la Pace 2022, in riconoscimento del suo lavoro per stabilire Juneteenth come festa nazionale, e portare consapevolezza sui contributi e le lotte degli afroamericani negli Stati Uniti Stati, così come la sua missione di creare una società più equa per l’umanità.

Come detto, i suoi sforzi sono stati premiati nel 2021, con l’approvazione di una legge che ha reso il 19 giugno il giorno in cui festeggiare la fine della schiavitù per gli afroamericani.

Alla sua figura è stato dedicato un libro, Opal Lee e il significato della libertà, scritto da Alice Faye Duncan con le illustrazioni di Keturah A. Bobo, illustratrice di titoli best seller del New York Times particolarmente apprezzata per le sue immagini capaci di emozionare e ispirare, edito in Italia, a partire dal 15 giugno, per la collana Figli di Papà di Eternity, marchio del Gruppo Alise Editore.

Opal Lee e il significato della libertà. La vera storia della nonna del Juneteenth

Opal Lee e il significato della libertà. La vera storia della nonna del Juneteenth

La vera storia di Opal Lee, attivista per l'uguaglianza razziale che a 89 anni ha percorso la distanza che separava la sua casa di Fort Worth da Washington, D.C., per chiedere che il Juneteenth fosse riconosciuto come festa nazionale. Età di lettura dai 7 anni in su.
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La fine della schiavitù: il 19 giugno 1865

La Guerra di Secessione americana ha avuto inizio nel 1861, quando sette stati del Sud hanno deciso di separarsi dal resto dell’Unione, perché contrari alla proposta degli stati del Nord di abolire la schiavitù; le loro ragioni erano di tipo economico, visto che proprio gli schiavi, privati di ogni diritto umano, mandavano avanti le piantagioni.

Il 1° gennaio del 1863 il presidente Abraham Lincoln firmò il Proclama di emancipazione, documento che imponeva la liberazione di tutti gli schiavi; ma le truppe unioniste impiegarono altri due anni e mezzo prima di riuscire effettivamente a liberare gli schiavi in stati come ilTexas, dove l’esercito sudista continuò a comandare per anni.

Ad aprile del 1865 le truppe secessioniste guidate dal generale Robert Lee dichiararono la resa ad Appomattox, in Virginia, segnando di fatto la fine della guerra, ma la notizia arrivò in Texas solo il 19 giugno, quando il generale Gordon Granger entrò nella città di Galveston annunciando, finalmente, la libertà per tutti gli schiavi.

 

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