La diffusione a macchia d’olio di strumenti tecnologici e dispositivi digitali ha reso la connessione umana autentica, ahinoi, sempre più rara. Tuttavia, c’è un gesto semplice quanto potente che può rivelare molto più di mille parole: il guardarsi negli occhi. Questa azione, conosciuta in inglese come “eye gazing”, non è solo una forma di comunicazione silenziosa, ma rappresenta un vero e proprio ponte verso l’intimità emotiva.

Nel 1997, lo psicologo Arthur Aron condusse un esperimento destinato a dimostrare il potenziale trasformativo del contatto visivo. Il suo studio coinvolse coppie di sconosciuti che, dopo aver risposto a 36 domande personali, si fissavano negli occhi per quattro minuti. Il risultato? Alcune di queste coppie svilupparono una connessione così profonda che una di loro si sposò sei mesi dopo l’esperimento. Questo esperimento suggerisce che il contatto visivo prolungato può facilitare l’intimità e creare legami profondi anche tra persone che si conoscono appena.

Un altro esempio risale alla performance “The Artist is Present” di Marina Abramovic, al MoMa di New York nel 2010. L’artista serba, ormai nota per le sue opere provocatorie, si sedette in silenzio per ore, permettendo ai visitatori del museo di sedersi di fronte a lei e guardarla negli occhi. Per molti, questo incontro è stato un momento di intensa introspezione e connessione. Ma l’episodio più toccante si verificò quando Ulay, ex compagno di vita e d’arte di Abramovic, si sedette di fronte a lei. I due non si vedevano da oltre vent’anni, ma in quel silenzioso scambio di sguardi, riuscirono a comunicare emozioni profonde e inespresse, dimostrando che, anche dopo tanto tempo, gli occhi possono rivelare verità che le parole non riescono a esprimere.

L’importanza del contatto visivo nelle relazioni umane non può essere sottovalutata. Come sottolinea la psicoterapeuta Carolina Traverso durante un’intervista a Vanity Fair, “Gli occhi sono la strada diretta verso il cuore, sono il ponte per creare una vera connessione emotiva e costruire la fiducia con l’altra persona. Evitare lo sguardo altrui presuppone paura, sospetto. Paura di quello che potrebbe succedere, se incrociassimo gli altri occhi, perché ci mettiamo davvero a nudo“. Va da sé che in un mondo in cui le interazioni sociali avvengono sempre più attraverso uno schermo, il contatto visivo diretto diventa un atto di vulnerabilità ma anche di grande coraggio.

L’intimità artificiale, quella che costruiamo dietro agli schermi dei nostri dispositivi, rischia di sostituire la connessione reale. Traverso evidenzia come spesso ci rifugiamo nei nostri smartphone per evitare situazioni scomode o imbarazzanti, interrompendo momenti di possibile connessione umana. “Oggi viviamo in quella che viene considerata l’Intimità Artificiale: consumiamo più tempo nella realtà virtuale e crediamo che quella sia la vera realtà”, afferma. Questo comportamento, però, rischia di creare una distanza sempre maggiore tra le persone, impedendo lo sviluppo di relazioni autentiche basate sulla fiducia e sulla comprensione reciproca.

“Lo sguardo è l’inizio del flirt”, aggiunge Traverso. “Quante volte abbiamo sentito che molte persone si sono innamorate a prima vista? I colpi di fulmine passano da un sussurro, da un tocco di sfuggita, ma anche e soprattutto dagli occhi. Quando siamo in difficoltà, cerchiamo tra la folla o negli altri uno sguardo amico, di conforto. E soprattutto, il contatto visivo prolungato consente di riconoscere nell’altro la sua umanità, al di là di ogni divisione o pregiudizio. Alla fine, volenti o nolenti, siamo il risultato della nostra storia. E gli occhi sono la finestra sulla nostra vulnerabilità”.

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