Adolescenti e violenza di genere: 1 su 2 ha subito contatti fisici indesiderati

Una survey condotta da Fondazione Libellula mostra come anche per gli adolescenti non sempre sia facile riconoscere i vari episodi di violenza di genere di cui sono vittime, e come alcuni retaggi influenzino anche le giovani generazioni.

La violenza di genere è una piaga sistemica ma che purtroppo spesso si fatica a riconoscere, sia che si tratti di molestie che di forme di abuso psicologico: affondando le proprie radici in schemi di comportamento impregnati di sessismo consolidati a livello sociale e in qualche modo “normalizzati”, infatti, non sempre è facile essere consapevoli di essere vittime di episodi di violenza legati al genere, oppure si ha paura a denunciarli.

Le cose non cambiano neppure tra i giovanissimi, in quella Gen Z che, seppur molto più inclusiva dei predecessori, conserva ancora molti retaggi di stampo maschilista, tanto che in una recente survey, Teen Community, condotta da Fondazione Libellula, sono emersi dati allarmanti legati proprio alla percezione della violenza di genere tra i ragazzi di età compresa fra i 14 e i 19 anni.

Per citarne solo alcuni prima di approfondire nel prosieguo dell’articolo, basti pensare che il 48% dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di aver subito contatti fisici indesiderati da parte di coetanei/e, mentre il 43% ha ricevuto richieste sessuali o attenzioni non desiderate.
Ma proprio dai dati, sottolinea Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula Impresa Sociale, bisogna trarre spunti e ripartire per “intervenire tempestivamente per sensibilizzare i e le giovani sulle complesse dinamiche della violenza di genere, promuovendo valori fondamentali come rispetto, consenso ed equità“.

Al sondaggio hanno preso parte 361 adolescenti, in maggioranza ragazze (58%), eterosessuali (78%) e studenti di scuola secondaria o di università.

Una premessa: cos’è la teen dating violence

Con questo termine si intende la violenza di genere nelle relazioni di coppia tra adolescenti, e ha a che fare con comportamenti violenti di tipo fisico, psicologico, verbale e sessuale. Tra questi si annoverano, ad esempio, episodi di violenza fisica come percosse, spintoni,  morsi, violenza sessuale – inteso come qualunque atto imposto senza il consenso dell’altro/a – ma la violenza di genere può essere agita anche in modo digitale, attraverso il revenge porn, o le molestie via social.

Indipendentemente dall’esserne vittima o testimone, l’adolescente esposto a esperienze di violenza, secondo le evidenze scientifiche, potrebbe andare incontro a vissuti di paura, insicurezza, bassa autostima, o mostrare difficoltà empatiche, che potrebbero a loro volta tradursi in difficoltà a scuola o a costruire relazioni stabili e positive nel tempo.
Dalla survey condotta da Fondazione Libellula emergono diversi aspetti: in primis, la difficoltà di saper riconoscere un episodio di abuso, violenza o molestia, e in secondo luogo una diversa percezione della violenza di genere tra maschi e femmine.

Le difficoltà di riconoscere la violenza di genere

Per quanto riguarda il primo punto, i dati raccolti dalla survey sono abbastanza significativi e fanno capire quanto spesso determinati schemi di comportamento siano interiorizzati e normalizzati, al punto da non saperli distinguere in quanto molestia o abuso.

Il 26% del totale, ad esempio, non ritiene una forma di violenza dire al/la partner quali vestiti può indossare in determinate occasioni (per  andare a una festa o per andare in palestra, ad esempio). Più nel dettaglio, è evidente la disparità tra ragazzi e ragazze: solo il 24% dei ragazzi la ritiene una forma di violenza grave, contro il 51% delle ragazze.

Il 39% ritiene invece che controllare cellulari o profili social del/la partner non sia una forma di abuso, mentre il 33% che fare domande su dove o con chi il/la partner sia quando è fuori, o impedire di fare nuove conoscenze online senza averne prima parlato, non rappresenti una forma di violenza.

 

Fonte: infografica survey Fondazione Libellula

Le cose vanno meglio per quanto riguarda il riconoscimento del consenso: il 53% ritiene che baciare una persona senza il suo consenso sia una forma di violenza, contro il 15% che pensa il contrario. C’è però un dato allarmante che riguarda la fascia compresa tra i 14 e i 15 anni:, più del 50% dei ragazzi di questa età, infatti, non ritiene questo comportamento una chiara forma di violenza.

L’esperienza della violenza di genere

L’esperienza con episodi di violenza di genere spazia dall’aver ricevuto commenti sul proprio corpo, negativi o positivi (l’81% dichiara di averne ricevuti in maniera più o meno esplicita, con un impressionante 93% che riguarda le ragazze delle scuole medie) alle richieste sessuali non desiderate (il 58% afferma di averne subite, con un rapporto 55-25% tra ragazze e ragazzi), fino ai contatti fisici non desiderati: il 48% degli intervistati, quasi uno su due, dichiara di averne subiti, e a riceverne di più sono le ragazze o chi appartiene alla comunità LGBTQIA+.

La diversa percezione tra ragazze e ragazzi

Estremamente rilevante e significativa è la percezione diversa delle diverse tipologie in cui si manifesta la violenza di genere esistente tra ragazze e ragazzi.

Come vediamo dalla tabella sottostante, a fronte di un 78% di ragazze che valuta chiedere con insistenza foto intime al partner una forma di violenza c’è un 54% di ragazzi che lo pensa; lo stesso dicasi per la diffusione di immagini senza il consenso (80-60%), mentre i ragazzi sono più propensi a pensare che la gelosia sia una forma d’amore e solo il 33% ritiene inaccettabile che il partner diventi violento dopo un tradimento.

Fonte: infografica survey Fondazione Libellula

Differenze esistono anche nelle esperienze dirette di violenza di genere, dichiarate dal 23% delle persone intervistate: a subirle più spesso sono le ragazze; nella gran parte dei casi la violenza è verbale (68%), seguita da quella fisica (51%), psicologica (43%), digitale (17%) e sessuale (15%).

La violenza è stata agita nel 50% dei casi da un conoscente, nel 38% da un amico/a, nel 32% da uno/a sconosciuto/a e nel 23/ da ex partner. Per quanto riguarda la denuncia degli episodi di violenza, dalla survey emerge che più della metà delle vittime ha parlato con qualcuno (il 55%), il 65% ha parlato con un/a amico/a, il 41% con i familiari (a farlo sono più le ragazze dei ragazzi), e solo il 17% si è recato a un ente preposto (l’80% è rappresentato da ragazze).

Nell’infografica i motivi per cui le vittime di violenza di genere hanno deciso di non chiedere aiuto.

Fonte: infografica survey Fondazione Libellula

Come accade per gli adulti, sono le persone di sesso femminile a parlare più spesso delle esperienze vissute, ma anche quelle che, al contempo, non hanno ben chiaro cosa fare in caso di molestia/violenza. Gli amici sono le persone di riferimento a cui appoggiarsi per parlare di quanto subito, mentre la famiglia, le persone adulti e gli enti preposti sono risorse di secondo piano.
I ragazzi tendono invece ad affrontare la questione in autonomia, forse spinti dagli stereotipi di genere che ritengono che un uomo, anche giovane, non possa lamentarsi di essere vittima di violenza, spingendo quindi a non denunciare.

Le ragioni potrebbero risiedere in quella sorta di “reticenza alla vulnerabilità” imposta dai pattern del maschilismo tossico di cui, come sappiamo, spesso le vittime sono gli uomini stessi.

I luoghi della violenza

Dove è più facile, per i teenagers, diventare vittime di violenza di genere? Nel 78% dei casi gli episodi di violenza si subiscono per strada, con una differenza eloquente tra ragazze (83%) e ragazzi (70%), nel 63% invece sui mezzi pubblici (anche in questo in percentuali sbilanciate tra ragazze e ragazzi – 74 contro 48%), nel 46% nei locali di ritrovo e nel 31% a scuola, dove le percentuali si ribaltano: gli istituti scolastici sono infatti ritenuti luoghi più a rischio per i ragazzi (42%) che per le ragazze (18%).

Il 66% ha parlato con qualcuno di violenza di genere, molto spesso con amici o amiche, ma anche con insegnanti e famiglia; ma, seppur rappresentando una minoranza esigua, c’è anche un 6% degli intervistati che non ritiene utile parlare di violenza di genere in nessun luogo.

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