Adriana Smith, cerebralmente morta, è tenuta in vita perché per la Georgia non può abortire

La trentenne è tenuta in vita da un respiratore da oltre 90 giorni, perché, per la legge attualmente in vigore nello stato americano, l'interruzione di gravidanza è vietata.

Le leggi iper restrittive in maniera di aborto promulgate nel 2022 dopo l’abolizione della storica sentenza Roe vs Wade stanno cominciando a mostrare le loro conseguenze in alcuni stati; è il caso di Adriana Smith, raccontato da sua madre, April Newkirk, all’emittente tv di Atlanta WXIA, che è stata dichiarata cerebralmente morta ma viene tenuta in vita da oltre tre mesi per consentire al bimbo che porta in grembo di nascere.

Tutto questo a causa della normativa in vigore in Georgia, lo stato in cui Smith abita, che di fatto vieta quasi totalmente l’interruzione di gravidanza, salvo nei casi in cui essa sia necessaria a mantenere in vita la donna.

“È stata dichiarata cerebralmente morta, ovvero legalmente morta, nel febbraio scorso – ha spiegato Newkirk, aggiungendo che la figlia – ha sofferto di forti mal di testa più di tre mesi fa ed è stata ricoverata all’ospedale Northside di Atlanta, dove ha ricevuto dei farmaci ed è stata dimessa”.

Il giorno dopo le dimissioni Smith si è svegliata con il respiro affannoso, inducendo il fidanzato a chiamare i soccorsi; l’ospedale dell’Università Emory ha constatato la presenza di coaguli di sangue nel cervello, trovandosi a dover dichiarare la morte cerebrale della trentenne, incinta, in quel momento, di 21 settimane.

Ma per i medici rimuovere il respiratore e gli altri dispositivi che la tengono in vita avrebbe probabilmente ucciso il feto, e ciò sarebbe andato contro la legge in vigore nello stato, che vieta l’aborto dopo che è stata rilevata un’attività cardiaca nel feto, “ovvero a partire dalle sei settimane circa” (anche se in questo articolo abbiamo spiegato che le cose non stanno proprio così).

La legge di riferimento è stata adottata nel 2019, ma è entrata in vigore solo tre anni più tardi, quando la Roe vs. Wade è stata ribaltata dalla sentenza Dobbs contro Jackson Women’s Health Organization, che ha di fatto aperto la strada ai divieti di aborto statali.

Dall’ospedale, fanno sapere i familiari di Adriana Smith, i vertici hanno scelto di non commentare per via delle norme sulla privacy, facendo tuttavia sapere “Utilizziamo il consenso di esperti clinici, letteratura medica e consulenza legale per supportare i nostri operatori nella formulazione di raccomandazioni terapeutiche personalizzate, in conformità con le leggi sull’aborto della Georgia e tutte le altre leggi applicabili. Le nostre massime priorità continuano a essere la sicurezza e il benessere dei pazienti che assistiamo”.

Al momento, quindi, Adriana Smith si trova attaccata a un respiratore, con il primo figlio di 5 anni che ancora le fa visita in ospedale; peraltro, anche le condizioni del feto che porta in grembo destano preoccupazione, visto che il bambino ha del liquido nel cervello. “È incinta di mio nipote – ha detto April Newkirk – ma il bambino potrebbe essere cieco, potrebbe non essere in grado di camminare, o di non sopravvivere alla nascita“.

Monica Simpson, direttrice esecutiva di SisterSong, principale querelante in una causa che contesta la legge sull’aborto della Georgia, ha affermato che la situazione è problematica: “La sua famiglia meritava il diritto di avere potere decisionale sulle sue decisioni mediche – ha dichiarato Simpson in una nota – Invece, hanno dovuto sopportare oltre 90 giorni di ritraumatizzazione, ingenti spese mediche e la crudeltà di non essere in grado di trovare una soluzione e di procedere verso la guarigione”.

Attualmente sono dodici gli stati degli USA che applicano divieti di aborto in tutte le fasi della gravidanza, mentre altri tre, fra cui la Georgia, hanno normative che prevedono lo stop all’interruzione di gravidanza dopo sei settimane.

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