Se in tempo di Covid acquistare gli assorbenti non è considerata una necessità

Una ragazza denuncia su Facebook di non avere potuto acquistare gli assorbenti in un supermercato per via delle restrizioni della zona rossa. E si torna a parlare di beni di prima necessità, e a domandarsi come sia possibile non capire che nessuna donna sceglie di avere le mestruazioni.

Mentre la Scozia nel novembre del 2020 è diventato il primo Paese al mondo a garantire gli assorbenti gratis a tutte le donne, indipendentemente dal reddito, in Italia dobbiamo continuare a convivere non solo con una tampon tax che paragona i prodotti per il ciclo mestruale a beni di lusso, tassandoli al 22%, ma anche con applicazioni in senso iper restrittivo dei decreti per contenere la pandemia di Covid.

Ce lo ha dimostrato il caso di  Alessia, una ventiduenne di Collepasso, provincia leccese, che si è vista rifiutare da un supermercato l’acquisto di due pacchi di assorbenti dopo le 18, con la giustificazione che, seguendo appunto quanto stabilito dai Dpcm, non fossero beni di prima necessità. La giovane ha denunciato l’accaduto attraverso un post Facebook, suscitando, com’era ovvio aspettarsi, molto clamore attorno alla vicenda.

SIAMO ARRIVATI ALL’ASSURDO! Questa sera sono andata a comprare due pacchi di assorbenti ma mi è stato vietato perché...

Pubblicato da Alessia Ria su Martedì 30 marzo 2021

SIAMO ARRIVATI ALL’ASSURDO! – scrive – Questa sera sono andata a comprare due pacchi di assorbenti ma mi è stato vietato perché non sono considerati ‘beni di prima necessità’.
Quindi non solo sono considerati ‘beni di lusso’, non solo paghiamo il 22% di IVA, ma adesso devo anche privarmi di un qualcosa di cui IO E MILIARDI DI DONNE abbiamo bisogno ogni mese!
CHE FACCIAMO, per questa zona rossa non facciamo venire la Mestruazione???
SONO SENZA PAROLE!

A Repubblica la ragazza ha aggiunto:

Non sopporto le ingiustizie […] Arrivata nel supermercato ho acquistato un pacco di patatine e i tarallini oltre a due confezioni di assorbenti presi da uno scaffale che era stato sbarrato con nastro bianco e rosso solo pochi minuti prima. Li avrei potuti comprare in farmacia – continua – con un raddoppio del costo magari. Non ero andata a comprare deodoranti ma un prodotto che mi serviva […]

Alessia ha anche riferito una frase che si è sentita rivolgere e che, se vera, darebbe ancora di più l’idea dell’assurdità dell’intera vicenda:

O certifichi di avere il ciclo o lamentati con il sindaco.

Si sarebbe sentita dire da una cassiera. A Fanpage la giovane ha poi aggiunto che, per scusarsi di non poterle vendere gli assorbenti, il cassiere che le ha negato l’acquisto avrebbe spiegato di essere già stato richiamato in mattinata dalle forze dell’ordine, proprio per lo stesso motivo.

Ma cosa dice esattamente l’ordinanza regionale della Puglia in merito? Nel documento del 26 marzo 2021 si specifica che

Con decorrenza dal 27 marzo e sino al 6 aprile 2021, tutte le attività commerciali consentite dal DPCM del 2 marzo 2021 in zona rossa (art. 45), chiudono alle ore 18,00, ad eccezione delle attività di vendita di generi alimentari, di carburante per autotrazione, di combustibile per uso domestico e per riscaldamento, delle edicole, dei tabaccai, delle farmacie e delle parafarmacie.

Radio Norba, emittente radiofonica nazionale nata proprio in Puglia, ha però postato sulla propria pagina Facebook ufficiale l’integrazione nelle FAQ che la regione di Michele Emiliano avrebbe fatto all’ordinanza dopo le proteste di Alessia, inserendo in maniera specifica una domanda proprio sulla possibilità di acquistare assorbenti dopo le 18.

🔴DOPO LA PROTESTA DI ALESSIA, LA REGIONE PUGLIA PERMETTE LA VENDITA DI ASSORBENTI DOPO LE 18. Dopo la protesta di...

Pubblicato da Radionorba News su Giovedì 1 aprile 2021

L’argomento è comunque piuttosto spinoso, anche perché, se ci spostiamo sul livello nazionale, leggendo fra le varie FAQ sul sito del Governo, si trova questo:

Nelle zone rosse le attività commerciali che vendono generi alimentari o beni di prima necessità (cioè quelli previsti dall’allegato 23 del Dpcm) e che quindi rimangono aperte, possono consentire ai clienti l’acquisto anche di beni non inclusi nel predetto allegato?
No. Pertanto, il responsabile di ogni attività commerciale, comunque denominata (ipermercato, supermercato, discount, minimercato, altri esercizi non specializzati di alimentari vari) può esercitare esclusivamente l’attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità ed è, quindi, tenuto a organizzare gli spazi in modo da precludere ai clienti l’accesso a scaffali o corsie in cui siano riposti beni diversi da quelli alimentari e di prima necessità. Nel caso in cui ciò non sia possibile, devono essere rimossi dagli scaffali i prodotti la cui vendita non è consentita. Tale regola vale per qualunque giorno di apertura, feriale, prefestivo o festivo.

Leggendo l’allegato 23, ritroviamo fra i prodotti del commercio al dettaglio che possono essere venduti un generico “articoli igienico-sanitari”, senza alcuna specificazione.

Infine, per avere il quadro completo, leggiamo quanto riportato nella proposta di legge di Civati, Brignone, Maestri e Pastorino sulla riduzione dell’aliquota IVA sui prodotti sanitari e igienici destinati alle donne.

In Italia l’IVA sugli assorbenti è al 22 per cento, un prodotto quindi considerato un bene di consumo non di prima necessità, bensì classificato pari a qualsiasi altro prodotto rientrante nella categoria di altri beni come: tablet, borse, trucchi, profumi, e altro.

Alla luce dei documenti citati, l’unica cosa chiara è quanto sia tutto poco chiaro e quindi soggetto a interpretazioni: non essendo ancora stata approvata alcuna normativa che classifichi assorbenti e tamponi come beni di prima necessità, riducendone quindi la tassazione, in linea puramente teorica il supermercato potrebbe non aver fatto altro che rispettare la normativa, impedendo l’acquisto degli assorbenti. Ma se includiamo, e appare plausibile farlo, nella definizione di “articoli igienico – sanitari” – la cui vendita è tutelata dal Dpcm anche in regime di zona rossa – anche assorbenti e tamponi, allora il supermercato ha deliberatamente violato la normativa.

Ma, al netto di tutte le teorie e le ipotesi raffigurabili, il tema centrale resta sempre e solo uno, domandarsi come sia possibile negare ancora l’evidenza che una donna non scelga di avere il ciclo.

E anche per rispondere a quanti, in maniera molto semplicistica, fanno notare che “Avresti potuto comprarli prima, cos’è, non sai quando ti arriva il ciclo?” vorremo far notare che esistono un sacco di variabili per cui una donna possa dover andare a comprare gli assorbenti dopo le 18:

  • Non ha avuto tempo prima, perché impegnata.
  • Soffre di endometriosi e quindi di menoraggia (perdite di sangue abbondante) o di metrorragia, ovvero di perdite al di fuori del ciclo mestruale.
  • Il ciclo è in anticipo.
  • Il ciclo è in ritardo.
  • Soffre di ipermenorrea e gli assorbenti che ha a casa non le bastano.
  • Soffre di sanguinamento dell’utero anomalo.
  • Soffre di tumore ovarico stromale.
  • Se ne è dimenticata.

Tornando al caso di Alessia, il supermercato per ora sembra non aver risposto a quanto denunciato dalla giovane sui social, ma certo è comunque piuttosto difficile pensare che il cartello esposto fosse provocatorio e che invece non esponesse veramente la politica dell’esercizio in merito.

L’Italia continua quindi ad avere un problema con gli assorbenti, e neppure la pandemia ci ha fatto aprire gli occhi su un fatto essenziale, che qualcuno, come Florencia Di Stefano – Abichain, ha provato a spiegare con una provocazione: proprio come le mascherine, il cui prezzo è stato infatti ribassato agli inizi dell’emergenza sanitaria, anche gli assorbenti sono necessari. Il fatto che non lo siano per tutti non rende il fatto meno evidente.

 

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