Come si può accettare razionalmente la morte di un bambino, che è, al di sopra di tutto, la cosa più innaturale e assurda del mondo?

La risposta, semplice, è che no, non si può. Si deve accettare, si deve prenderne atto, ma il riuscire consapevolmente a “farsene una ragione” è qualcosa di ben diverso, che rasenta l’impossibile.

E poi ci sono i modi di reagire, differenti, opposti forse, ma tutti estremamente dignitosi nel dolore profondo, lacerante, che la perdita di un bambino lascia in maniera permanente fuori e dentro. Così, ci sono genitori che si isolano, altri che si incolpano, si disprezzano e persino si odiano… e poi c’è chi scrive fiabe. Come Roberta, ad esempio, a cui il destino ha strappato la sua piccola Francesca, di appena 3 anni.

Roberta è la cugina di Laura Pausini, e la sua bambina, scomparsa nei giorni di Pasqua, era affetta da una sindrome molto rara, di quelle che non perdonano: la 1p36, un’anomalia cromosomica che si presenta con dismorfismi facciali caratteristici, ipotonia, ritardo dello sviluppo, deficit cognitivo, convulsioni, cardiopatie, sordità e ritardo della crescita a esordio prenatale. Una persona su 5000 ne è affetta e la sorte ha deciso di riservare questo indesiderato privilegio proprio alla piccola Francesca. Che ha lottato, con i suoi genitori, per quanto ha potuto, ma alla fine si è arresa.

La cantante, distrutta dalla sofferenza per la scomparsa della piccola, ha voluto renderle omaggio con un commovente post su Facebook.

Già, la piccola Aliena. Perché mamma Roberta, per il suo piccolo e fragile gioiello, aveva inventato una vera e propria favola, per raccontare una malattia che alla fine non è stata niente altro che la loro vita quotidiana, più sofferta, forse, delle altre vite di tante mamme e di tanti bambini, ma votata, sempre e comunque, all’amore. Aveva inventato la fiaba di una bambina, giunta da un pianeta lontano, quello appunto chiamato 1p36, ma che a un certo punto è stata richiamata a casa. Come nel Piccolo Principe, Francesca ha toccato brevemente la terra prima di fare rientro nel suo universo. Roberta ha aperto un blog, chiamato proprio pianeta1p36, per raccontare la storia della sua bambina, per parlare di quell’angelo che si è posato per così poco tempo sul nostro pianeta, prima di tornare nel suo.

Nel post che ne annuncia la morte, mamma Roberta scrive:

Sei arrivata dal tuo pianeta e hai sconvolto le nostre vite terrestri. Ci hai regalato tantissimo: persone speciali, avventure, amore. Hai donato tutta te stessa per renderci persone migliori, per farci aprire gli occhi sul mondo parallelo che ci era così vicino ma così estraneo.

Mi hai dato la spinta per aprirmi agli altri, per poter essere supporto e per trarre supporto.

Mi hai regalato quasi 3 anni di te, del tuo profumo, della tua pelle, dei tuoi occhi sempre sfuggenti, delle tue manine aggrappate alle mie dita.

E ora, hai fatto ritorno al pianeta 1p36.

Grazie mia piccola, dolce Franci per quanto mi hai regalato; avrei voluto vivere con te migliaia di altri ricordi, avventure, amici, migliaia di altri giorni.

Ma da oggi, purtroppo, la nostra avventura terrena si ferma qui.

E pubblica la traduzione di Gilberto Forti della poesia di W.H. Auden:

BLUES IN MEMORIA

Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforte, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: e avevo torto.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.

Nell’ultimo, datato 18 aprile, Roberta parla del distacco estremo:

Quasi tre giorni passati a tenerle la mano, per poter ricordare le sue dita tra le mie il più possibile, per poterla coccolare, coccolando invece me. Avevo bisogno di riempirmi del suo corpo prima del lungo arrivederci, prima di staccarmi fisicamente da lei per sempre.

È il prezzo da pagare dell’essere terrestri, questa necessità di contatto? Non lo so, so che anche lei amava essere coccolata; a modo suo lo ha sempre fatto capire. E io sguazzavo in questo mio poter essere eucalipto per la mia piccola Koala.[…] Oggi per l’ultima volta l’ho tenuta tra le mie braccia e non l’avrei lasciata più.

Ma arriva il momento di lasciare volare i figli, a volte purtroppo è però un volo senza ritorno. 

E aggiunge la foto di questa potente lettera:

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