"Quando uscirà verrà a cercarmi": il terrore di Caterina per la furia del marito

"Io so che sta là, ma non so per quanto tempo. Lui sa dove sto, nel momento in cui uscirà verrà subito a cercarmi. Lo vuole fare e basta. Vuole uccidermi". La testimonianza di Caterina è agghiacciante e sconvolgente al tempo stesso, e ci dà un'idea di quanto le donne vittime di violenza non si sentano mai davvero al sicuro, neppure dopo aver denunciato.

Siamo solo al terzo mese dell’anno e la conta delle donne uccise per mano di mariti o ex compagni è già drammatica; ormai quello dei femminicidi è un vero e proprio bollettino di guerra, di cui fanno parte vittime che, molte volte, potevano essere salvate.

Non tutte le donne riescono a denunciare i loro carnefici, lo sappiamo; e se non ci riescono è soprattutto per paura, delle ritorsioni e di non essere protette abbastanza. I dati, in questo senso, sono davvero allarmanti, come testimoniato da un’ampia indagine condotta nel 2020, a livello europeo, dall’Agenzia dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Nel nostro Paese solo il 10% delle donne vittime di violenza denuncia, se l’aggressore è il partner o l’ex partner, il 13% nel caso quest’ultimo sia una persona diversa dal partner.

Un dato davvero molto basso, che ci fa capire quanto spesso il sistema di protezione offerto dallo Stato non sia ritenuto sufficiente per sentirsi al sicuro, e in fondo storie come quella di Marianna Manduca, uccisa dall’ex marito dopo ben dodici denunce, ci danno l’idea di quanto sia labile l’effettiva certezza della tutela. Ma queste donne, lo abbiamo detto, sono vittime che possono essere salvate, e fra loro c’è anche Caterina Stellato, che ha trovato il coraggio non solo di denunciare l’ex marito, ma anche di mostrare il suo volto in tv, nella trasmissione Chi l’ha visto, che ha mandato in onda uno scioccante video.

Il video shock

Nel video, mandato in onda nel corso della puntata del 10 marzo della trasmissione condotta da Federica Sciarelli (visibile qui, dal minuto 43 in poi) si vede Antimo Carrera, ex marito di Caterina, tentare di penetrare nella casa dei genitori di lei, dove si è rifugiata, dopo le minacce rivolte più volte alla donna.

Fonte: Chi l’ha visto

Le immagini risalgono al 10 febbraio, e sono state effettuate da una telecamera di sorveglianza che proprio Caterina ha fatto piazzare fuori dalla casa dei suoi genitori, consapevole che l’ordine restrittivo cui Carrera era stato sottoposto dal giudice dopo le denunce della ex moglie non sarebbe bastato a tenerlo lontano da lei. Del resto, non era la prima volta: c’erano già state tre incursioni precedenti, tre tentativi di portare a termine il suo folle piano.

Io e mia mamma siamo vive per miracolo – ha raccontato Caterina all’inviata di Chi l’ha visto – Abbiamo avuto la fortuna che quella giornata pioveva, e lui scivolava, perché se il tubo non era bagnato lui ce la faceva ad arrampicarsi.

25 anni di botte

Caterina ha trovato il coraggio di andarsene di casa e di lasciare il marito dopo 25 anni di angherie e di violenze subite; il 23 novembre 2020, due giorni prima della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, dopo aver saluto Carrera, ha preso la bicicletta, come tutti i giorni, per andare al lavoro, ma in realtà ha finalmente cercato aiuto, dai genitori, dalle amiche, dalle persone da cui l’uomo l’aveva isolata per cinque anni. Lascia momentaneamente i tre figli con il padre, sapendo che a loro lui non avrebbe mai fatto del male, perché le mire della sua ira erano sempre e solo state rivolte su di lei. Lo denuncia, si rifugia nella casa paterna e a dicembre può anche riabbracciare i suoi bambini, mentre per lui il giudice dispone il divieto di avvicinamento all’abitazione dove si sono trasferiti, oltre che la sospensione della potestà genitoriale. Provvedimento che puntualmente lui, come abbiamo visto, non rispetta.

L’ho conosciuto che avevo 15 anni – ha raccontato Caterina – mi sono innamorata subito, è stato il primo uomo della mia vita. All’inizio andava tutto bene […] nel 2008 siamo andati a vivere insieme, in un appartamento; lui non lavorava, lavoravo io. Lui iniziava sempre prima verbalmente, con la violenza psicologica, con parolacce, poi si arrivava alla fine, mi picchiava, mi attribuiva la colpa delle sue sfortune. Mirava sempre alla testa, mi dava i pugni, mi strappava i capelli.

La violenza di Carrera non si arresta neppure davanti ai figli; spesso picchia Caterina anche davanti al primo bambino, che oggi ha quasi 11 anni.

Spesso veniva anche davanti al posto di lavoro, suonava al citofono e io dovevo scendere. Andavo al lavoro in bicicletta, ma quando pioveva mi veniva a prendere lui in macchina. Una sera io sono salita in macchina, lui si è fermato in un vicolo cieco, ha messo la macchina in modo che non potessi scendere, è lì che mi ha picchiato con le bottiglie di vetro che si era portato da casa.

Caterina vive molti anni in quella prigione, potendo uscire di casa solo se accompagnata da lui, sottoposta a insulti e violenze di ogni tipo; ma non cerca aiuto, perché, spiega

Non potevo. Avevo paura. La paura si appropria di te, della tua mente, del tuo corpo, di tutto. Non vedi una via d’uscita. Alla fine arrivi a credere che quella è la tua vita.

La molla, in Caterina, è scattata quando Carrera la accusa di averlo tradito con uomini diversi:

Ho capito che, quando fanno così, sono davvero a un passo dall’ucciderti. E lì mi sono detta ‘O faccio qualcosa, o questo mi ammazza’.

Il 22 novembre scatta l’ennesimo episodio di violenza, ancora davanti ai figli, che va avanti per tutta la notte; proprio guardare i suoi figli impotenti e terrorizzati di fronte alla furia del loro padre le fa prendere la decisione: “Se esco viva, domattina vado via per mettervi in salvo”. Cosa che, come abbiamo detto, fa.

La paura

Carrera non si arrende, continua a tormentare Caterina raggiungendo più volte casa dei suoi genitori. In una settimana lei fa denuncia alla polizia per quattro volte, ma l’uomo viene soltanto ammonito. L’ultimo tentativo, quello mostrato in trasmissione, è quello in seguito al quale Carrera viene arrestato, in attesa di un processo per maltrattamenti che inizierà il 27 aprile, ma Caterina è consapevole che questa situazione non durerà a lungo.

Io so che sta là, ma non so per quanto tempo. Lui sa dove sto, nel momento in cui uscirà verrà subito a cercarmi. Lo vuole fare e basta. Vuole uccidermi.

[…] Io comunque non esco, vivo in un paura totale. Mi sento una persona vuota. Voglio vivere in pace con i miei figli, senza paura.

Caterina ha bisogno di aiuto, di un luogo sicuro dove allontanarsi dall’incubo in cui ha vissuto gran parte della sua vita. Ma la riflessione è anche un’altra: una casa protetta è spesso sempre e comunque un “carcere” in cui si mettono una donna e i suoi figli, mentre le vere misure dovrebbero essere prese nei confronti dei carnefici, cui non dovrebbero essere concessi permessi, attenuanti generiche e “premi”, come i domiciliari, una condizione che spesso li pone comunque in grado di andare a colpire le proprie vittime.

Il Codice Rosso approvato recentemente ha inasprito le pene per maltrattamenti in famiglia,  ex articolo 572 del codice penale, aumentandole da 2-6 anni a 3-7 anni di carcere, con pene inasprite se il fatto viene commesso in presenza o in danno di minore; non parliamo quindi di moltissimi anni, e se a ciò aggiungiamo che, molto spesso, queste condanne si trasformano in arresti domiciliari, non è difficile comprendere perché queste donne non si sentano mai al sicuro.

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