“Il mio non è un post contro Nadia Toffa, non facciamo confusione: mi dispiace per quello che le è successo e sta passando, ma credo che il suo messaggio, anche se fatto in buona fede, possa essere addirittura pericoloso per alcune persone.
Non sono neppure tutte parole mie, ma le ho condivise e arricchite del mio vissuto”.

Quando noi di Roba da Donne sentiamo Catia Brozzi ha appena finito una lezione di ippoterapia alla Scuderia Unicorno in provincia di Perugia. Nell’ambiente equestre è conosciuta e apprezzata anche per la sua attività di recupero e salvataggio dei cavalli dalla macellazione. Il messaggio di Nadia Toffa cui si riferisce è quello lanciato a inizio della puntata de Le Iene che ha visto il suo ritorno dopo il malore e aperto dalla confessione:

Ho avuto il cancro. In questi mesi mi sono curata: prima ho fatto l’intervento, poi la chemioterapia e la radioterapia. L’intervento ha tolto interamente il tumore, ma poteva esserci una piccola cellula rimasta e quindi ho seguito i consigli del medico e ho seguito le cure previste. Ora è tutto finito: il 6 febbraio ho finito la radio e la chemio.

Più avanti un appello:

Non trattateci da malati, noi malati di cancro siamo dei guerrieri, dei fighi pazzeschi!

Ma le parole di Nadia, pur senza intenzione, feriscono Catia, che le risponde virtualmente con questo post che diventa subito virale, sintomo che a tanti, come lei, quelle che dovevano essere parole di speranza e incoraggiamento hanno fatto male.

Chiediamo a Catia, in che senso non sono parole tue?

Se vedi sotto il post c’è la dicitura “Cit.M.C.”.
Buona parte di queste parole appartengono a un post letto su Facebook dopo la puntata de Le Iene in questione.
Volevo semplicemente condividerlo, ma non avevo i permessi per farlo, così l’ho copiato e l’ho fatto mio, aggiungendo varie cose che riguardano la mia esperienza, che è l’esperienza di tanti, purtroppo.

Qual è la tua esperienza?

Ho perso mia mamma per un tumore in due mesi.
Non c’è niente di figo nell’essere malati.

Catia ci racconta di sua mamma Emma, aveva 67 anni quando è morta e, dalle sue parole, esce il ritratto di una donna provata dalla malattia, ma probabilmente molto simile al concetto di “malato figo e guerriero” di Nadia Toffa:

Mamma era pazzesca. E non lo dico solo perché era mia mamma: chiunque l’ha conosciuta potrebbe confermarlo.

Dico solo che organizzò da sola il suo funerale: si è comprata una bara con incastonati vari Swarovski, la messa cantata come voleva lei e una sua foto gigante e super fashion in chiesa.

Ha scelto l’abito che le ho poi messo quando abbiamo composto il suo corpo nella bara – quello verde smeraldo con la camicia bianca coi volant – e mi ha dato indicazioni di come voleva essere truccata, con il suo rossetto rosso.

Ma soprattutto: ha voluto che nella bara ci mettessimo il suo costume preferito, il pareo, il cappello e gli zoccoli e che sulla lapide ci fosse scritto “Vado in vacanza”.

Era tosta. Lei voleva vivere. Prima delle chemio ha voluto andare a ballare fino all’alba.

E allora perché il messaggio di Nadia Toffa ti ha in qualche modo ferita?

Sembra che dal tumore si possa guarire in due mesi. E non è così.
Sembra che tutti i medici e tante persone siano lì per te. E invece nella maggior parte dei casi sei da solo.

È un messaggio pericoloso per alcune persone: passa l’idea di una forza che spesso non c’è, di una guarigione rapida e veloce. Non si guarisce dal cancro in due mesi. Spesso non si guarisce e punto.

Sicuramente Nadia Toffa voleva veicolare un messaggio di speranza ben diverso.

Sì, ma il rischio è che faccia più danni che altro.

Pensi che un malato di tumore che affronta un percorso di malattia lungo o con uno spirito meno “guerriero” possa sentirsi sbagliato a fronte di queste parole?

Sì e non va bene. Il cancro non si sceglie. Il cancro non ti rende una persona più figa, ti porta via la persona che sei.

Quando mia madre, in due mesi, dalla donna piena di vita che era è passata ad essere l’ombra di se stessa ha detto basta e, da infermiera qual era, si è congedata da noi e ha scelto la sedazione.

Sai cosa mi ha detto prima di morire? Mi ha detto Catia grazie. E poi mi ha detto: Goditi la vita.

Cosa succede a chi assiste un malato di cancro? Sì, insomma, qual è la tua esperienza?

Quando stai accanto a un malato di cancro poi non sei più la stessa persona. Soprattutto se sei sola.

Catia è una donna che sapeva già prima cos’era la sofferenza di perdere un genitore in modo atroce. Suo padre, ci racconta, è morto suicida un anno fa. Lui e sua madre erano separati.

Sai, io un po’ lo benedico il cancro di mamma. Lo so che è egoista, ma io e lei avevamo avuto molti conflitti. Il cancro ci ha dato l’opportunità di chiarirci e ha dato a me il tempo di fare la figlia per due mesi.

Fosse morta di infarto o in un incidente stradale non ne avremmo avuto l’occasione.
Dovremmo ricordarci sempre di appianare i conflitti con le persone cui vogliamo bene.

Io di questo ringrazio il cancro, ma vi prego, raccontiamo la verità sul tumore.

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