Silvia Gottardi e Linda Ronzoni, note come Le Cicliste per Caso, sono pronte a partire per una nuova avventura. Dopo aver rinviato la partenza nel 2023 a causa di un infortunio, le due cicliste sono in procinto di intraprendere la Gender Equality Ride, un viaggio – non solo fisico ma anche interiore – di 2.000 km in bicicletta con lo scopo di promuovere la parità di genere e l’emancipazione femminile.

Silvia e Linda partiranno da Merano il 27 luglio alle ore 19.00, dove un evento inaugurale al Museo delle Donne darà il via alla loro impresa. Il viaggio, che durerà un mese, le porterà attraverso Austria, Germania, Danimarca e Norvegia, fino a raggiungere Oslo il 26 agosto. Durante il percorso, attraverseranno città e paesaggi straordinari, incontrando comunità e realtà impegnate quotidianamente nella lotta per la parità di genere.

Nello specifico, il loro itinerario include sette città principali, dove ogni sosta sarà l’occasione per esplorare musei e istituzioni che celebrano la storia e la cultura femminile. Tra questi, il Frauenmuseum Hittisau in Austria, il Museum Frauenkultur Fürth in Germania e il Kvinnemuseet Kongsvinger in Norvegia, tutti parte del circuito IAWM (International Association of Women’s Museum). Questi musei offrono una piattaforma per discutere le questioni di genere attraverso esposizioni, mostre temporanee e testimonianze dirette di donne che hanno fatto la storia.

A Berlino, la Berlinische Galerie rappresenterà una tappa fondamentale, con il suo impegno nella valorizzazione delle artiste dimenticate. Ad Aarhus, in Danimarca, il KØN – Gender Museum Denmark offrirà ulteriori spunti di riflessione sulla questione di genere. Ogni tappa del viaggio sarà un’opportunità per Silvia e Linda di approfondire le conquiste fatte dalle donne e le sfide ancora da affrontare.

Una volta giunte a Oslo, verranno accolte con un evento speciale organizzato in collaborazione con la Professional Women’s Network Norway, costituita da una rete di donne professioniste impegnate nella lotta per la parità di genere nel mondo del lavoro. Sarà un momento di celebrazione dei traguardi raggiunti e di riflessione sul cammino ancora da percorrere.

Per Silvia e Linda, la bicicletta è il simbolo della libertà e dell’indipendenza, strettamente legate alla parità di genere. Il loro viaggio vuole dimostrare che le donne, se ‘pedalano’ insieme, possono davvero superare barriere e creare un futuro più giusto. “Per tanti anni, e tutt’ora, la strada verso la parità di genere è passata dalla bicicletta”, hanno detto le due cicliste. “Le due ruote hanno inciso enormemente nella vita delle donne permettendo loro di essere autonome, di viaggiare sole, di scappare talvolta. La bicicletta ha dato loro, e continua a dare a tutti oggi, la libertà”.

Gender gap: a che punto siamo in Italia

In Italia, lo sport al femminile ha raggiunto negli anni numeri significativi, con quasi 18 milioni di donne impegnate in attività sportive secondo i dati del Censis del 2019. Una cifra che rappresenta un aumento dell’11,9% rispetto a dieci anni prima. Tra queste, sei milioni e mezzo praticano sport in modo continuativo, con un incremento del 25,5% rispetto al 2008.

Nonostante la crescita, persiste un marcato divario di genere. Nella fascia d’età 15-17 anni, solo il 42,6% delle ragazze pratica attività fisica contro il 58,4% dei ragazzi. Anche nelle federazioni sportive, le donne sono sottorappresentate: dei 4.708.741 atleti tesserati, solo il 28% sono donne. Le allenatrici rappresentano solo il 19,8%, le dirigenti di società il 15,4% e le dirigenti di federazione il 12,4%.

Il calcio, lo sport più popolare in Italia, riflette chiaramente questo divario. Nonostante la crescita della Serie A femminile, solo il 2% dei tesserati nel calcio sono donne. La disparità è accentuata da fattori culturali e economici. Le giocatrici, fino a pochi anni fa, non potevano guadagnare più di 30.658 euro lordi a stagione, con una media di 15.000 euro, molto meno rispetto ai loro colleghi maschi.

Le radici del gap di genere nello sport sono complesse. Culturalmente, persiste l’idea che alcuni sport, come il calcio, siano inadatti alle donne. A livello economico le atlete sono penalizzate da stipendi inferiori. I media contribuiscono ulteriormente al problema, concentrandosi più sull’aspetto estetico delle sportive che sui loro successi, e dedicando meno attenzione allo sport femminile rispetto a quello maschile.

Anche la maternità rappresenta, per certi versi, una barriera significativa per le atlete e riflette un sistema di welfare che spesso non supporta adeguatamente le donne. Questo problema non si limita al mondo sportivo, come purtroppo ben sappiamo, ma riguarda molti (troppi) settori della società.

Gender pay gap

Il gender pay gap nello sport è un problema evidente: le donne, a parità di disciplina e livello, sono pagate meno degli uomini, con il calcio come esempio più eclatante. Negli Stati Uniti, 28 giocatrici della nazionale hanno fatto causa alla US Soccer Federation per ottenere una paga equa, ricevendo 89 centesimi per ogni dollaro guadagnato dai loro colleghi maschi, nonostante i successi della squadra femminile.

Anche nel tennis, dove ora i premi sono uguali, il cammino verso la parità è stato lungo, con Wimbledon che si è adeguato solo nel 2000. La minore copertura mediatica delle atlete riduce anche le loro opportunità di sponsorizzazione, e questo rende il gender pay gap un problema non solo economico ma anche culturale.

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