La pensione delle donne è più bassa di quella degli uomini: è questo il dato emerso dall’ultimo evento del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’INPSAnalisi dei divari di genere del mercato del lavoro e nel sistema previdenziale’, secondo il quale “le donne sono prevalentemente rappresentate nelle classi di reddito pensionistico più basso (fino a 1.500 euro mensili) mentre oltre il 70% dei percettori di assegni nella classe più alta (oltre i 3.000 euro mensili) è di genere maschile”. Questo nonostante in Italia, nel 2022, su 16,1 milioni circa di pensionati il 52% fosse di genere femminile.

Considerando l’importo medio dei trattamenti pensionistici, basato sempre sul 2022, vediamo un vantaggio maschile medio di oltre il 60%, con 1.430 euro contro 884. Questo è dovuto a “una differenza nella tipologia di prestazione incassata: nel 2022, il 50% degli uomini riceveva una pensione anticipata – quelle di importo più elevato in media – contro il 20% delle donne, che sono in maggioranza fra quanti sono titolari di pensioni ai superstiti”.

Un gender pay gap in piena regola quindi, che si protrae anche dopo l’età lavorativa. Ma questo non è l’unico dato registrato dal Civ, secondo il quale le donne soffrono di un fenomeno chiamato ‘segregazione occupazionale’, ovvero la possibilità di trovare impiego in un range limitato di occupazioni. Si pensi per esempio ai settori fortemente femminilizzati, come la sanità e l’istruzione, e a quelli in cui invece le donne sono sottorappresentate, come quello manifatturiero. A ciò si deve aggiungere una scarsa presenza femminile in ruoli di dirigenza: sempre facendo riferimento al 2022, solo il 21% dei quasi e dei dirigenti è donna. Le donne inoltre tendono a lavorare meno a livello orario e sono spesso assunte con contratti part-time.

Roberto Ghiselli, presidente del Civ, ha commentato: “Si sta affermando nelle nuove generazioni una consapevolezza maggiore della disparità di genere, malgrado questo ‘gap’ sia ancora evidente, soprattutto per ciò che concerne le differenze retributive e la maggiore discontinuità lavorativa tra uomini e donne”.

Micaela Gelera, commissaria straordinaria dell’INPS, ha invece affermato: “Quello della disparità di genere è un problema ancora molto evidente nel nostro Paese oggi, e che rende necessario rafforzare e rendere strutturali le misure messe in campo dal decisore politico per conciliare i carichi familiari con la vita lavorativa delle donne. Penso ai congedi, al bonus asili nido, all’assegno unico universale e alla recente misura, introdotta dal governo, per favorire la retribuzione in busta paga delle madri lavoratrici, consentendo loro di affrontare con maggiore serenità il carico familiare legato alla presenza dei figli. Analogamente, tutte le misure finalizzate alla cura degli anziani non autosufficienti permetteranno di alleggerire ulteriormente il carico familiare delle donne”.

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