Condannato per Stupro. Il padre: "Troppo per 20 minuti di violenza"

Aveva fatto discutere la reazione del padre della promessa del nuoto di Stanford, Brock Turner, condannato a 6 mesi di reclusione per aver stuprato una ragazza, che aveva affermato: "Pena troppo severa per un atto durato 20 minuti".

Aggiornamento di giugno 2017

È passato un anno dal processo che ha visto protagonista il giovane studente Brock Turner, il quale è stato accusato di aver stuprato Emily Doe, 23 anni, priva di coscienza dietro ad un cassonetto.
Dopo la pena di sei mesi di reclusione e tre anni di libertà vigilata che ha mosso l’opinione pubblica (perché troppo lieve), il ragazzo è stato scarcerato nel settembre 2016, ben tre mesi prima di quanto stabilito precedentemente dalla corte.

Non sappiamo chi lo abbia preso in custodia, né dove andrà ma abbiamo finito con lui. Dovrebbe essere in prigione adesso ma ora non è più sotto la nostra custodia.

Così ha dichiarato Laurie Smith, lo sceriffo di Santa Clara. Dopo il rilascio del ragazzo, molteplici sono stati i manifestanti, i quali hanno protestato indignati fuori dal carcere di Santa Clara, sventolando cartelloni di dissenso.

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Il loro obiettivo era quello di esprimere il malcontento di tutta la città contro il giudice Aaron Persky, colui che condannò nel giugno 2016 Brock Turner.
Molti fra gli oratori hanno chiesto che il giudice venisse sollevato dalla sua carica.

Non c’è giustizia nella lieve pena e scarcerazione anticipata di Brock Turner

ha dichiarato Eric Swalwell, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della California. L’avvocato di Turner non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione.

Articolo originale – 08/06/2016

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Sta facendo discutere, e non poco, la decisione di un giudice di Santa Clara, in California, che ha condannato un ventenne accusato di stupro a una pena di sei mesi di reclusione e tre anni di libertà vigilata: troppo lieve la condanna secondo l’opinione pubblica, soprattutto considerando il fatto che il ragazzo rischiava fino a 14 anni di carcere e che l’accusa si era già dimostrata abbondantemente clemente chiedendone solo 6.

Riepiloghiamo i fatti: nel gennaio del 2015 Brock Turner, ventenne studente e promessa con prospettive olimpiche della squadra di nuoto della Stanford University, violenta una ragazza di 23 anni, priva di conoscenza, dietro un cassonetto. Carl-Fredrik Arndt e l’amico Peter, che si trovano a passare in bicicletta proprio nei pressi del punto in cui si sta consumando lo stupro, sorprendono Brock e lo fermano, chiamando poi la polizia e l’ambulanza per la povera giovane.

Dopo l’arresto il processo, che si è concluso nei giorni scorsi proprio con questa sentenza giudicata da molti troppo “gentile” nei confronti dello stupratore. Il giudice Aaron Persky ha provato a motivare le ragioni della propria decisione sottolineando che, al momento della violenza, entrambi i ragazzi erano ubriachi e, quindi, anche Turner non era lucido.

Il giudice avrebbe poi valutato opportuno che una pena più leggera fosse riconosciuta al ragazzo, poiché questi già aveva “scontato” nei giorni del processo un’eccessiva pressione mediatica e psicologica. Di più: secondo il giudice una pena più severa avrebbe potuto nuocere anche al suo futuro, trattandosi di un ragazzo appena ventenne con una fedina penale assolutamente pulita. Ma le spiegazioni non hanno convinto a sufficienza il pubblico, che ha commentato che a Brock è stata risparmiata un punizione ben più importante solo perché “bianco e benestante“, oltre che per la sua carriera atletica promettente.

Un professore di legge di Stanford, Michele Dauber, amico della vittima, ha lanciato una petizione per richiedere la sospensione del giudice dal suo ruolo. Persky però è difeso dai colleghi della contea di Santa Clara,  Gary Goodman in primis, il quale ha sottolineato che Persky è un giudice riconosciuto come estremamente conservatore ma corretto. La decisione presa sarebbe quindi corretta.

Ma, oltre alla lievità della condanna, a far clamore è soprattutto un altro aspetto della vicenda: il padre del ragazzo, Dan A. Turner, ha infatti scritto una lettera shock in cui afferma che la pena inflitta al figlio è troppo grande per un atto durato “appena” 20 minuti.

Fonte: Web
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La vita di Brock è stata modificata profondamente, e per sempre, dagli eventi del 17 e del 18 gennaio” ha scritto il signor Turner ” Ogni suo minuto di veglia è consumato da preoccupazione, ansia, paura, e depressione. Glielo si può vedere in faccia, nel modo in cui cammina, dalla sua voce debole, dalla sua mancanza di appetito. Questa sentenza ha distrutto lui e la nostra famiglia. La sua vita non sarà mai quella che ha sognato e per cui ha lavorato così duramente. Questo è il prezzo da pagare per un atto di 20 minuti, su più di 20 anni di vita.

Parole, quelle del padre di Brock, che hanno sollevato numerose polemiche e l’indignazione generale dell’opinione pubblica, tanto che c’è stato anche chi, come l’attrice Alexandra Ozeri, ad esempio, ha ripreso sulla propria pagina social la lettera “modificandola” in un tono di condanna verso quanto vi era scritto e,in generale, verso l’orrendo atto compiuto dal giovane.

Brock è stato immediatamente allontanato da Stanford, e l’università ha parlato, attraverso i suoi portavoce, della necessità di continuare a lavorare per migliorare la prevenzione delle violenze sessuali, ribadendo però di avere dalla sua un programma all’avanguardia teso all’educazione dei giovani e al supporto per le vittime di stupri.

Sarà, ma intanto sono ancora pochissime le storie di violenza sessuale subite all’interno di un ateneo che vengono portate davanti ad una corte, come denunciato anche dalla vittima di Brock in una lettera che ha fatto il giro del mondo. Stando alle sue parole, sembrerebbe infatti che le università, soprattutto se prestigiose come Stanford, tendano ad assumere un atteggiamento improntato all’omertà o quantomeno ad una sorta di autarchia, preferendo di gran lunga risolvere faccende del genere internamente, magari con punizioni che rimangano nei limiti delle aule di facoltà. Pare che nella sola Stanford, fiore all’occhiello delle università americane situata nella Silicon Valley, ancora oggi il 43% denunci di aver subito molestie. Quante di queste finiscono realmente davanti ad un giudice, però, non è dato saperlo.

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