Forza, baciatevi“.

Le insistenze, il rifuto, e poi la violenza, il sangue che scorre sui vestiti e sul pavimento, il terrore di non uscire vive da quella situazione.

Melania Geymonat, una hostess Ryanair colombiana trapiantata a Londra, ha voluto raccontare cosa è successo a lei e alla compagna Chris su un autobus diretto verso Camden Town, e per farlo ha scelto Facebook, dove ha postato anche la loro immagine mentre, ricoperte di sangue, cercavano di riprendersi dall’aggressione furiosa di cui erano appena state vittime.

Dopo aver passato una serata come tante a West Hampstead, nel nord-ovest di Londra, Melania e Chris, che si trovano sul bus per tornare a casa a Camden, vengono accerchiate da un gruppo di ragazzi tra i 20 e i 30 anni che, resosi conto di trovarsi di fronte a una coppia lesbica, inizia a infastidirle con vessazioni, commenti e richieste assurde.

Come quella di baciarsi davanti a loro, per “poterle guardare”, come la stessa Melania ha spiegato.

La ragazza cerca di placare gli animi, chiede agli uomini di lasciarle in pace perché Chris non sta bene, ma la gang non accetta un rifiuto. E lì ha inizio la violenza: Chris è la prima a essere presa di mira, a essere picchiata con violenza, e Melania interviene per difenderla.

Hanno iniziato a colpire anche me – racconta – Non so nemmeno se ho perso conoscenza. Sentivo il sangue scorrere sui vestiti e sul pavimento“.

Passato lo choc per la vile aggressione subita, Melania, una volta a casa, decide di raccontare l’accaduto pubblicando un post.

Lo scorso mercoledì sono uscita con Chris. Siamo salite sul bus notturno verso Camden, saranno state le quattro. Forse ci siamo baciate, non so se questi ragazzi erano già seduti dietro di noi o se sono saliti dopo, fatto sta che hanno cominciato a importunarci, a chiamarci ‘lesbiche’, a chiedere di baciarci e a mimare posizioni sessuali. Eravamo solo noi e loro. Nel tentativo di calmare le cose, ho iniziato a fare battute.

Ho pensato che questo potesse farli andare via. Chris ha persino finto di stare male, ma loro continuavano a lanciarci monete e a infastidirici.

La prima cosa che ricordo è Chris che viene picchiata da tre di loro, poi la mia faccia presa a pugni. Dopodiché mi ricordo che all’improvviso l’autobus si è fermato, la polizia a bordo e il sangue. Anche la nostra roba è stata rubata. Non so ancora se il mio naso è rotto, non sono potuta andare al lavoro, ma la cosa che in tutto questo mi turba di più è che la violenza sia diventata una cosa comune, e che a volte è necessario vedere una donna sanguinante per ricevere qualche impulso a indignarsi.

Sono stanca di essere presa come un oggetto sessuale e di essere vittima, io e altri, di queste situazioni solo perché gay. Dobbiamo sopportare le molestie verbali e la violenza sciovinista, misogina e omofoba perché quando fai sentire la voce accadono cose come questa.

È successo in Inghilterra, dove la polizia parla di un preoccupante aumento di aggressioni e atti di violenza sui mezzi pubblici in generale – a questo proposito, tutti ricorderanno Mariam, la ragazzo italo-egiziana uccisa dal branco nel 2018 – e dove, pochi giorni dopo, un’altra coppia lesbica è finita nel mirino degli omofobi: stavolta le vittime sono state le attrici Lucy Jane Parkinson e Rebecca Banatvala, partner sul lavoro e compagne nella vita, insultate e colpite con dei sassi lanciati da un’automobile di passaggio mentre recitavano il loro spettacolo, Rotterdam, sul palcoscenico all’aperto dell’Nst Campus.

Jane stava baciando Rebecca quando la macchina si è avvicinata e dal suo interno sono state scagliate le pietre che le hanno colpite; adesso, tutte le date dello spettacolo sono state cancellate.

Siamo devastati al pensiero che atti di questo genere siano ancora così numerosi.

Hanno scritto nel post gli organizzatori dello show.

Le cose, per gli omosessuali, non vanno però certo meglio negli altri paesi. Basti pensare che, solo in Italia, l’Arcigay ha parlato di un aumento delle violenze omotransfobiche, con ben 187  casi registrati da maggio 2018, un’ impennata di ben 72 episodi in più rispetto al passato, compiute nella maggior parte dei casi “in branco dai giovani, o da baby gang, alcune veramente spietate”.

Insomma, il problema è tutt’altro che di poco conto o limitato a “sporadici episodi”, e ignorare il potenziale terribile dell’omofobia è pericoloso quanto l’omofobia stessa. Anche perché non tutti, come Melania o Jane, hanno il coraggio di denunciare: c’è chi rimane in silenzio e subisce ciò che, alla fine, non è  altro che il prodotto della combinazione di intolleranza ed ignoranza.

Anche questa è, del resto, una delle grandi contraddizioni delle società moderne: se da un lato campagne di sensibilizzazione e passi importanti come il riconoscimento delle unioni civili, o la stepchild adoption, hanno garantito una svolta importantissima per i diritti della comunità LGBT, riuscendo finalmente a normalizzare l’omosessualità, dall’altro dobbiamo tuttora fare i conti con ideologie figlie di retaggi culturali che, per quanto antiquati, sono  ancora ben radicati in chi si aggrappa ai pretestuosi concetti di “contronatura” e “deviazioni”.

Il pregiudizio è figlio dell’ignoranza, del resto, diceva William Hazlit.

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