Diana Biondi, 27 anni, di Somma Vesuviana, era scomparsa il 27 febbraio. Aveva detto ai genitori che sarebbe andata a ritirare la tesi, ma le mancava ancora un esame, quello di latino. Dopo tre giorni di ricerche, ieri 1 marzo il cadavere della ragazza è stato trovato a Santa Maria a Castello, non lontano da casa.

Sui social tantissimi post di appello da famigliari e amici, che per tre giorni l’hanno cercata disperatamente. Come riporta la stampa l’ipotesi più accreditata dalla Procura di Nola, che sta seguendo il caso, è che Diana Biondi si sia lanciata nel vuoto, in un gesto volontario.

La ragazza frequentava Lettere Moderne all’università Federico II di Napoli.

Gli investigatori stanno ora tentando di ricostruire il percorso fatto da Diana Biondi il giorno della sparizione, per capire se abbia effettivamente raggiunto Corso Umberto, la sede dell’università. I carabinieri stanno anche controllando le stazioni ferroviarie di Napoli Centrale e della Circumvesuviana, aiutati dai sistemi di videosorveglianza. Il telefono della ragazza è sempre risultato irraggiungibile, un motivo ulteriore per pensare che abbia voluto allontanarsi volontariamente.

Biondi è la terza studente universitaria che si toglie la vita nel 2023. Prima di lei un ragazzo di 22 anni, suicidatosi a Palermo il 15 gennaio, che ha lasciato un bigliettino con su scritto: “Fallimento, università e politica”. Poi, il 1 febbraio, la 19enne che si è impiccata nei bagni della sua università, la IULM di Milano, anche lei schiacciata dal peso del sentirsi “un fallimento”.

Da anni gli studenti denunciano il sistema universitario italiano, un sistema troppo competitivo, pressante e soffocante, per molti intollerabile.

E lo aveva denunciato anche Laura Parolin, presidente dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, in un commento a l’Espresso: “Tra le ragioni per cui gli studenti soffrono c’è il peso dell’eccellenza. Come se essere eccellenti, o eccezionali, fosse l’unico segnale possibile di successo. Questo tipo di educazione lascia fuori non solo ciò che non funziona ma anche tutto quello che è medio, normale. Generando la sensazione, in chi non raggiunge il massimo, di aver fallito. E, come conseguenza, l’incapacità di tollerare l’insuccesso. Che invece costituisce un valore nel processo di crescita personale, perché permette di ripensare, ripartire, ricostruire”.

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