Capita anche ai migliori di scivolare sulla più classica delle bucce di banana, e oggi è toccato allo storico dizionario di greco-italiano Rocci finire nella blacklist. Tutta colpa di un’infausta e sciagurata scelta di social media management, che ha portato a pubblicare un post, messo anche come immagine di copertina della pagina Facebook del famoso dizionario, tutt’altro che felice.

La parola in questione è gineconomo che, come si può intuire anche dalla radice, ha a che fare con le donne; si tratta infatti della figura, tipica dell’antica Grecia, ma anche dell’Egitto Tolemaico, del magistrato cui spettava il compito di monitorare i costumi femminili per far sì che non fossero troppo sfarzosi o contrari al pubblico decoro. Una sorta di sentinella dell’abbigliamento femminile, insomma, istituito probabilmente ai tempi di Demetrio Falereo ad Atene – siamo intorno al IV secolo a.C.- ma anche colui che era deputato alla selezione delle donne da destinare ai rituali sacri celebrati nei vari periodi dell’anno. Parliamo, del resto, di tempi in cui non era neppure necessario parlare di maschilismo o di sessismo, perché l’egemonia maschile nella società era data praticamente per diritto divino, scontata e del tutto naturale.

Sorprende, però, che oggi, alle porte del 2021, una pagina importante come quella del dizionario Rocci – stiamo parlando davvero di un’istituzione nel campo della traduzione greco-italiano, realizzato grazie agli studi di padre Lorenzo Rocci che fino al 1939, anno in cui è stato pubblicato per la prima volta dalla Società editrice Dante Alighieri, si è occupato della sua compilazione, spendendovi 25 anni di vita – accosti a una parola che rimanda dichiaratamente a un’istituzione sessista e di controllo delle donne, il commento:

Dagli antichi abbiamo solo da imparare.

In tempi – quelli contemporanei, non quelli dei greci – in cui facciamo ancora una fatica immensa a far accettare alle persone, uomini e donne, che queste ultime hanno il diritto di vestirsi come meglio credono, indipendentemente dall’età, dal fisico, e soprattutto dalla concezione di “morale” che spesso viene bigottamente loro imposta, abbiamo davvero bisogno di qualcuno che ci “bacchetti” dicendoci che gli antichi avevano ragione, e che serve una figura apposita a ricordare alle donne che ci sono limiti di decenza da non superare?

Soprattutto, oggi che ancora lottiamo con sforzi immani per superare quell’odiosa prassi del victim blaming secondo cui una donna vittima di catcalling, molestia, abuso, stupro e persino femminicidio “se la va a cercare”, è davvero da considerare intelligente la scelta di piazzare come immagine di copertina, sulla pagina social di uno dei più importanti strumenti di apprendimento italiani, una parola che rimanda a epoche in cui le donne erano sorvegliate, manipolate, comandate e sacrificate, aggiungendo, a corredo e come se fosse la più becera delle conversazioni da bar, che “al tempo si stava meglio”?

Che quello dei social media manager del Rocci sia stato davvero il più classico degli scivoloni, o una studiata mossa di marketing della serie “bene o male, purché se ne parli”, il risultato è comunque deleterio, frustrante, e rischia di perpetuare cliché pericolosi. Per quanto dagli antichi si abbia indiscutibilmente molto da imparare, essersi liberati del gineconomo è stato un bene.

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